La spinta sperimentale dell’arte contemporanea sembra giunta ad una fase di stallo, dopo decenni di trasformazione, sperimentazione, ricerca, pare svuotatasi, soprattutto se si pensa che è arte visiva.
Visitando le mostre, sempre più si percepisce che, anziché essere ad un evento estetico, sia un tentativo, nemmeno più tanto velato, d’ incontro letterario, dove le parole hanno un peso superiore a ciò che percepisce la vista.
Mi sembra, che oramai chiunque abbia un minimo di capacità narrativa, possa crea un supporto linguistico che giustifica ogni gesto dal pittorico all’istallativo, inscrivendolo in contesti generali o tematiche particolari.
Giocando con semplici parole e con i loro infiniti rimandi.
Citando i soliti personaggi noti che fanno “cultura” (deridda, pasolini etc..), l’artista sconosciuto vissuto 30 anni fa o l’ennesima sub-cultura tanto in voga fino a ieri.
Sempre più le mostre sono occasioni che vogliono sembrare “colte” in cui l’oggettualità presente non è significativa, anzi quasi negata.
Così gestita pare che ogni materiale/assemblaggio/gesto pittorico può diventare arte, tanto più se di poco prezzo e con una certa aria di “rifiuto”, in tal modo la funzione visiva viene sempre più svilita e solo il supporto letterario riesce a suscitare qualche sensazione.
Anzi a volte mi sembra che sia meglio non vederle le mostre.
Più bello leggere i comunicati o i bei cataloghi, almeno rimane un poco di illusione e si lascia spazio alla propria fantasia.
Forse che l’arte visiva si stia trasformando in arte letteraria, come mai?