Sporadicamente
tornano le riflessioni su che valore ha l’arte oggi. Difficile ora
che sono scomparsi i legittimatori culturali, critici e storici,
sostituiti da promotori o curatori, spesso con limitate conoscenze
culturali ed estetiche, ma con ottime relazioni. Affascinanti
operatori che presiedono nei posti più strategici della
distribuzione economica, più evidenti alle fiere o defilati nelle
inaugurazioni di mostre internazionali, pronti a diffondere gli
artisti alle dipendenze delle gallerie più munifiche, che poi
garantiranno il valore del venduto.
Un
mondo quindi controllato dalla vendita e poco trasparente nella
durata.
Se
poi ora si aggiungono le nuove strategie del web, tra le prime quella
della Saatchi, che nel suo data base ha oltre 70.000 artisti
proposti, tutti almeno con un’opera, che fanno capire quanti
oggetti sono prodotti, si capisce che la mole di oggetti “artistici”
è mostruosa e che tutta è messa in vendita.
Cosa
durerà, cosa sarà veramente di valore?
Domande
forse senza risposta, tanto più oggi che l’idea stessa di arte si
è spostata e non si lascia più limitare in un ruolo.
Ma
fa nascere molti sospetti il grande ritorno al quadro che quasi
scomparso nei decenni scorsa ora pare ritornato uno dei fulcri del
mercato, durerà?