Translate

05/12/25

1+1 L'arte relazionale


 foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

A Roma il MAXXI propone un percorso dinamico che trasforma il museo in un laboratorio di relazioni, convivialità e interazioni.

1+1. L’arte relazionale è la prima grande retrospettiva al mondo dedicata al movimento dell’Arte Relazionale, a distanza di tre decenni dalla sua nascita, curata dal critico e curatore di fama internazionale Nicolas Bourriaud.

Negli anni Novanta una nuova generazione di artisti rivoluziona il discorso dell’arte aprendolo alle relazioni inter-umane, esplorando la sfera collettiva, utilizzando le pratiche sociali, la convivialità, l’interazione, i gruppi e le comunità come materiali e strumenti di ricerca. Teorizzata da Bourriaud nel 1998, l’Estetica Relazionale è oggi riconosciuta come una delle principali correnti artistiche del nuovo Millennio e i suoi artisti acclamati a livello internazionale. Prossimità, convivialità, micro-utopie e processi partecipativi sono i principi che accomunano le ricerche dei 45 artisti in mostra, tra cui Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Dominique Gonzalez-Foerster, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Philippe Parreno e Rirkrit Tiravanija, Angela Bulloch, Liam Gillick, Douglas Gordon, Gabriel Orozco, Santiago Sierra, Felix Gonzalez-Torres.

foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

In un tempo in cui gran parte delle nostre relazioni si svolge attraverso schermi e media digitali, l’arte relazionale ci invita a riscoprire la dimensione umana dell’incontro. Il Museo si trasforma in un luogo vivo, permeabile, dove l’arte accade e si rinnova grazie alla partecipazione di chi lo attraversa.

foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

artisti in mostra:
Francis Alÿs, Kutluğ Ataman, Vanessa Beecroft, Monica Bonvicini, Britto Arts Trust, Angela Bulloch, Sophie Calle, Maurizio Cattelan, Lygia Clark, Braco Dimitrijević, Annika Eriksson, Alicia Framis, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Felix Gonzalez-Torres, Douglas Gordon, Joseph Grigely, Jens Haaning, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Christian Jankowski, Kimsooja, Ben Kinmont, Maria Lai, Mark Leckey, Ken Lum, Lee Mingwei, Gianni Motti, Grace Ndiritu, Hélio Oiticica, OPAVIVARÁ!, Gabriel Orozco, Philippe Parreno, Pia Rönicke & Zeynel Abidin Kızılyaprak, Cesare Pietroiusti, Premiata Ditta, Anri Sala, Julia Scher, Santiago Sierra, SUPERFLEX, Rirkrit Tiravanija, Gillian Wearing, Franz West, Elin Wikström, Ian Wilson

04/12/25

miart 2026


L'anno sta per finire e già arrivano le informazioni per i prossimi eventi, come dalla Fiera Milano che sta già avviando i preparativi per la trentesima edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea diretta da Nicola Ricciardi che si svolgerà alla South Wing dell’Allianz MiCo dal 17 al 19 aprile 2026 (VIP preview giovedì 16) e celebrerà questo importante traguardo valorizzando la propria storia e aprendosi a nuovi orizzonti.
 
In occasione del doppio centenario dalla nascita dei musicisti statunitensi John Coltrane (Hamlet, 1926 – Huntington, 1967) e Miles Davis (Alton, 1926 – Santa Monica, 1991), miart fa propria una delle caratteristiche intrinseche del jazz: la capacità di trasformare uno standard noto in un terreno fertile per l’innovazione. Con il titolo New Directions – omaggio al celebre album del 1963 di Coltrane, ma anche vera e propria dichiarazione d’intenti – miart 2026 abbraccia una trasformazione che coinvolge ogni aspetto della sua identità: dai contenuti curatoriali al dialogo con le gallerie, dall’immagine coordinata all’esperienza stessa del visitatore. 


Sezioni storiche e nuove prospettive: il ritmo del nuovo layout
 
All’interno della nuova sede della South Wing di Allianz MiCo – complesso espositivo pronto a essere interpretato in modo inedito, come uno spartito – si confermano le sezioni storiche Emergent ed Established, che si confrontano come due voci in dialogo tra loro. La prima, curata da Attilia Fattori Franchini è dedicata alle gallerie emergenti che credono e investono sul futuro dell’arte; la seconda, cornice per realtà consolidate che continuano a definire il presente dell’arte internazionale, proporrà progetti che spaziano dal primo Novecento fino agli orizzonti più recenti della contemporaneità.

Established si arricchisce quest’anno di una metasezione: Established Anthology presenterà i progetti espositivi che accompagneranno la trentesima edizione della fiera raccontando la complessità, le traiettorie e le trasformazioni del tempo. Attraverso l’interpretazione della dimensione temporale come esperienza vissuta, archivio di segni e orizzonte da immaginare, le opere proposte indagheranno temi come la ciclicità e la metamorfosi, l’oblio e memoria, l’attesa e l’immaginazione del futuro, giocando con i salti temporali, le stratificazioni, le inversioni della cronologia e interrogando i futuri possibili, reali o distopici. Established Anthology intende attivare un dialogo generativo tra linguaggi del moderno e pratiche del contemporaneo, promuovendo un equilibrio armonioso tra le parti che ne esalti le risonanze, in linea con lo spirito di miart, storicamente incentrata sui rimandi cronologici.

Accanto a Established Anthology, del tutto inedita sarà anche la sezione Interplay, il cui nome riprende un termine chiave del lessico jazzistico che indica la capacità di ascolto reciproco e reazione immediata tipica delle improvvisazioni. Così come nel jazz ogni musicista contribuisce alla costruzione del brano influenzando e ispirando gli altri, l’anima della sezione sarà la condivisione e l’interazione tra due gallerie che, all’interno dello stesso spazio espositivo, creeranno narrazioni coese, capaci di restituire un dialogo autentico tra artisti, linguaggi e contesti culturali differenti. Una sezione che si propone come un invito a collaborare e un palcoscenico per sperimentare. 

Il layout espositivo si articolerà su tre livelli distinti, concepiti per accompagnare i visitatori in un’esperienza di scoperta progressiva della fiera. Al piano d’ingresso troverà posto Emergent, punto di partenza ideale del percorso, che si affaccerà sul livello inferiore dedicato a Established, Interplay e alla Ruinart Champagne Lounge; il piano superiore, invece, ospiterà Established Anthology e il VIP Restaurant. L’intera disposizione, ritmata e sorprendente come un’improvvisazione jazz, valorizza ciascuna sezione e guida i visitatori in un’esperienza armoniosa e coinvolgente. 


Lo spartito visivo: il dinamismo dell’improvvisazione

Ad accompagnare miart 2026 e ad amplificarne visivamente i messaggi, lo studio Leftloft ha realizzato una campagna grafica allineandosi all’identità e alla visione della nuova edizione e interpretando il tema New Directions come una riflessione sul valore dell’improvvisazione e sull’equilibrio tra struttura e libertà, tra riconoscibile e nuovo.
 
Il campo grafico diventa così lo spartito mentre gli spazi di comunicazione, siano essi cartacei o digitali, il pentagramma vuoto che lascia spazio a una composizione visiva in continua trasformazione. Le variabili – formato, colore, titoli, testi, tipografia, immagini – sono gli strumenti di una jazz band visiva che improvvisa attorno a un leitmotiv, generando infinite variazioni sul tema. Ne nasce un linguaggio potente e sincopato, capace di esprimere il carattere evolutivo e aperto di miart. 
 
L’immagine ideata traduce così il tema New Directions in un sistema identitario dinamico e riconoscibile, che celebra la pluralità del linguaggio artistico contemporaneo e la capacità della fiera di rigenerarsi, esplorando nuove direzioni senza dimenticare le proprie origini.



Tra identità e futuro: un’apertura internazionale in dialogo con la città
 
Anche per questa edizione, miart 2026 conferma il proprio respiro internazionale, intrecciando il proprio percorso con l’energia della città di Milano e contribuendo a rendere la città stessa punto di riferimento per l’arte contemporanea. 
 
In questo contesto, si rinnova per il quarto anno consecutivo la collaborazione con ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, che continua a offrire un contributo significativo allo sviluppo della dimensione internazionale della fiera. Il sostegno di ICE consente di amplificare la visibilità di miart all'estero e di favorire la partecipazione internazionale, consolidando il ruolo della manifestazione all’interno del panorama artistico globale.
 
E come nel jazz, dove il dialogo tra strumenti diversi è essenziale e ogni voce contribuisce con la propria nota a costruire un’armonia collettiva, dal 13 al 19 aprile tornerà anche Milano Art Week, la manifestazione diffusa promossa dal Comune di Milano, che coinvolgerà le principali istituzioni pubbliche e private della città, creando uno spazio di confronto sui linguaggi e le pratiche artistiche della contemporaneità. Per sette giorni, Milano ospiterà un vasto programma di eventi dedicati all’arte in tutte le sue forme, tra mostre, performance, proiezioni, workshop ed eventi speciali.


New Directions vuole essere un invito a lasciarsi attraversare da linguaggi che si rinnovano, da artisti che osano, da gallerie che scommettono, da un pubblico che ascolta. Così come si ascolta il jazz: con rispetto, con stupore, con desiderio.
 
È questa la vocazione di miart 2026: come in un brano in cui ogni nota dialoga con la successiva, la manifestazione conferma con orgoglio le proprie radici reinterpretando la sua identità per raccontare il presente e immaginare nuove prospettive per il futuro.

03/12/25

Wang Shu e Lu Wenyu per la prossima Biennale di Architettura 2025

 


Mentre con un successo di visitatori si conclude questa edizione della Biennale di Architettura sono stati annunciati i prossimi curatori che sono  Wang Shu e Lu Wenyu.

  

 Biennale Architettura 2027

Il Cda della Biennale di Venezia, su proposta del Presidente Pietrangelo Buttafuoco, ha deliberato la nomina di Wang Shu e Lu Wenyu come Direttori artistici del Settore Architettura, con lo specifico incarico di curare la 20. Mostra Internazionale di Architettura che si svolgerà nel 2027, da sabato 8 maggio a domenica 21 novembre (pre-apertura 6 – 7 maggio).

Wang Shu e Lu Wenyu

Architetti e docenti, Wang Shu e Lu Wenyu hanno fondato nel 1997 Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno istituito il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art e nel 2007 hanno fondato la Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è stato il primo preside e Lu Wenyu direttrice del Centro per la Costruzione Sostenibile. Hanno partecipato al Padiglione Cina alla Biennale Architettura 2006, e sono stati invitati a partecipare alla Biennale Architettura 2010 da Kazuyo Sejima (dove ricevono la Menzione Speciale con il progetto “Decay of a Dome”) e alla Biennale Architettura 2016 da Alejandro Aravena.


Adottano un approccio architettonico incentrato sul riuso dei materiali esistenti, sulle tracce lasciate dalla vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sul valore dei processi costruttivi artigianali. Promuovono una sperimentazione radicale, profondamente legata al contesto locale e alla tradizione vernacolare. Lo studio fonde memoria e innovazione attraverso l’uso di materiali riciclati provenienti da edifici storici e l’impiego di tecniche ingegneristiche contemporanee, offrendo un’alternativa concreta allo sviluppo urbano attuale, dominato da demolizioni e interventi edilizi su larga scala. La loro visione mantiene una prospettiva globale, proponendo un linguaggio architettonico capace di superare il conflitto culturale tra città e campagna, e la dicotomia tra artificiale e naturale.

Tra i loro progetti più noti: il Museo Storico di Ningbo, il Campus di Xiangshan della China Academy of Art (selezionato nel 2021 dal New York Times tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra”), il Tiles Hill a Hangzhou, la Riqualificazione del Villaggio di Wencun, il Complesso Culturale di Fuyang, l’Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, la Conservazione e il Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, il Museo Storico di Lin’an, il Museo degli Animali Antichi di Baoding, l’Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, la Opera House e la Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in prestigiose istituzioni internazionali, tra cui il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi. Mostre personali sono state dedicate loro al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles. Nel 2019 hanno ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society.

Wang Shu ha ricevuto nel 2012 il Pritzker Architecture Prize, il più prestigioso riconoscimento internazionale nel campo dell’architettura ed è Membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023.

Dichiarazioni

Il Presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ha dichiarato:

«Con grande soddisfazione annunciamo la nomina di Wang Shu e Lu Wenyu quali Direttori Artistici del Settore Architettura. La loro visione, profondamente radicata nella memoria dei luoghi e nella sapienza dei processi costruttivi, rappresenta oggi una voce indispensabile nel dibattito internazionale sull’architettura e sul senso dell’abitare i luoghi del mondo. In loro, La Biennale di Venezia riconosce due protagonisti capaci di coniugare responsabilità culturale e genio sperimentale, offrendo un contributo di straordinaria qualità in un momento storico che richiede conoscenza, misura, immaginazione. La loro guida saprà ispirare una riflessione ampia e necessaria, proiettando la Biennale Architettura 2027 verso nuove prospettive e nuovi modi di comprendere il nostro rapporto con lo spazio, la memoria e la comunità pensante. A Wang Shu e Lu Wenyu va la nostra più sincera gratitudine per aver accettato questo incarico e il nostro più convinto augurio di buon lavoro».


Wang Shu e Lu Wenyu hanno commentato: «Siamo molto onorati di essere stati nominati Direttori Artistici del Settore Architettura e Curatori della 20. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2027, su invito del Presidente Pietrangelo Buttafuoco. Ringraziamo il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia per la fiducia riposta in noi. Faremo del nostro meglio per affrontare questa grande sfida. Oggi i rapidi e molteplici cambiamenti nell’architettura appaiono soprattutto come un fenomeno di superficie, frutto di un’eccessiva concettualizzazione o di una marcata commercializzazione. L’esuberanza delle sperimentazioni concettuali risulta spesso distante dalla realtà, mentre la spinta commerciale tende a generare esiti effimeri e puramente popolari. Questo fenomeno, che muta velocemente per poter sopravvivere rompendo il legame con i luoghi reali, rischia di condurre alla morte stessa dell’architettura, riducendola a una sorta di illusoria proiezione del futuro.

In un contesto segnato da crisi concrete e urgenti, adottare un approccio semplice e autentico assume dunque un valore particolare. Il nostro impegno sarà quello di esprimere con la massima sincerità questo valore e questa ricerca, contribuendo a una realtà — e a un futuro — migliori.

Ancora una volta desideriamo esprimere il nostro sentito ringraziamento al Presidente Pietrangelo Buttafuoco e alla Biennale di Venezia tutta».


Note biografiche

Wang Shu (Cina)

Wang Shu è il vincitore del Premio Pritzker per l’Architettura 2012 e Membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023. Architetto e docente, ha cofondato nel 1997, insieme a Lu Wenyu, lo studio Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno fondato il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art e nel 2007 hanno istituito la Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è stato il primo preside.

Con Lu Wenyu porta avanti un approccio architettonico incentrato sul riuso dei materiali esistenti, sulle tracce lasciate dalla vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sul valore del processo costruttivo artigianale. Lo studio promuove una sperimentazione architettonica radicale, profondamente legata al contesto locale e alla tradizione vernacolare. Combinando materiali riciclati provenienti da edifici storici con tecniche ingegneristiche contemporanee — fondendo memoria e innovazione — Wang Shu e Lu Wenyu offrono una risposta potente alla realtà sociale dello sviluppo urbano caratterizzato da demolizioni e costruzioni su larga scala.

La loro visione mantiene una prospettiva globale, proponendo un linguaggio architettonico capace di superare il conflitto culturale tra città e campagna, e di oltrepassare la dicotomia tra artificiale e naturale. Questo approccio si riflette in diverse opere, tra le quali: Museo Storico di Ningbo, Campus di Xiangshan della China Academy of Art, Tiles Hill a Hangzhou, Riqualificazione del Villaggio di Wencun, Complesso Culturale di Fuyang, Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, Conservazione e Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, Museo Storico di Lin’an, Museo degli Animali Antichi di Baoding, Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, Opera House e Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in prestigiose istituzioni internazionali, tra cui La Biennale di Venezia, il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi. Mostre personali sono state dedicate loro al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles.

Il progetto del Campus di Xiangshan è stato selezionato dal New York Times nel 2021 tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra” a livello mondiale.

Wang Shu è stato Kenzo Tange Visiting Professor alla Harvard Graduate School of Design nel 2011 e ha ricoperto incarichi di docente ospite presso MIT, UCL, Rice University, University of Hong Kong e Tongji University. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti accademici, tra cui una professorship onoraria presso la Southeast University, una fellowship onoraria del RIBA (Royal Institute of British Architects) e lauree honoris causa dal Rhode Island School of Design e dalla Chinese University of Hong Kong (in Sociologia).

Nel 2011 è stato insignito della Medaglia d’Oro dell’Académie d’Architecture di Francia, e nel 2013 è stato incluso da TIME tra le 100 persone più influenti al mondo. Nel 2019 ha ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society. Dal 2018 al 2024 ha fatto parte della giuria del Premio Pritzker per l’Architettura.


 


Lu Wenyu (Cina)

Lu Wenyu è architetto e insieme a Wang Shu ha cofondato nel 1997 lo studio Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno istituito il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art, dando avvio a un nuovo corso di studi che ha profondamente influenzato la didattica dell’architettura in Cina.

Lu è membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023 e ha ricoperto il ruolo di visiting professor presso la Harvard Graduate School of Design, il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la University College London (UCL) e la Rice University.

Insieme a Wang Shu porta avanti una ricerca architettonica che si concentra sull’uso dei materiali esistenti, sulle tracce della vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sull’importanza del processo artigianale nei cantieri. Lo studio promuove una sperimentazione architettonica radicale, radicata nel contesto locale e nella tradizione vernacolare. Combinando materiali recuperati da edifici storici con tecniche ingegneristiche moderne — e fondendo memoria e innovazione — Wang Shu e Lu Wenyu offrono una risposta significativa alla realtà dello sviluppo urbano contemporaneo, caratterizzato da grandi demolizioni e ricostruzioni. La loro visione mantiene una prospettiva globale, traducendo nelle opere un linguaggio innovativo che supera il conflitto culturale tra città e campagna, e oltrepassa la distinzione tra artificiale e naturale.

Tra i loro progetti più noti figurano: Museo Storico di Ningbo, Campus di Xiangshan della China Academy of Art, Tiles Hill a Hangzhou, Riqualificazione del Villaggio di Wencun, Complesso Culturale di Fuyang, Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, Museo Storico di Lin’an, Museo degli Animali Antichi di Baoding, Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, Opera House e Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in sedi internazionali di grande prestigio come La Biennale di Venezia, il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi, oltre a mostre personali al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles. Il progetto del Campus di Xiangshan è stato selezionato dal New York Times nel 2021 tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra” a livello mondiale.

Lu Wenyu ha ricevuto il Schelling Architecture Prize in Germania, una Menzione Speciale alla Biennale Architettura nel 2010 per il progetto “Decay of a Dome”, ed è stata inserita tra i Fellow del RIBA nel 2015. Nel 2019 ha ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society. È stata membro della giuria dei Premi UNESCO Asia-Pacific per la Conservazione del Patrimonio Culturale e Presidente della Giuria del RIBA International Prize 2024.

Come forma di doppia riflessione — resistenza critica alla realtà e sfida verso il futuro — Lu Wenyu e Wang Shu hanno fondato nel 2003 il nuovo Dipartimento di Architettura della China Academy of Art di Hangzhou, introducendo un modello educativo innovativo basato sulla comprensione dei materiali, sul lavoro manuale e sullo studio dei giardini cinesi. Nel 2007 questo percorso ha portato alla nascita della Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è il preside fondatore e Lu Wenyu è direttrice del Centro per la Costruzione Sostenibile.




02/12/25

Mariko Mori a New York

 


Ho seguito sempre i suoi lavori, come alla Biennale e in altri interessanti progetti, il suo approccio è molto raffinato e stratificato, ora a New York è presente presso la galleria Sean Kelly con "Radiance", una mostra di nuove opere dell'artista di Mariko Mori. In questa presentazione profondamente contemplativa, Mori unisce materiali tecnologici all'avanguardia con antiche cosmologie, traendo ispirazione dalle durature tradizioni spirituali del Giappone. Tra scultura, installazione e opere su carta, la mostra riflette il lungo impegno di Mori con concetti metafisici e innovazione tecnica radicati nel suo patrimonio culturale. 

Radiance affonda le sue radici nell'ampia ricerca di Mori sulle culture litiche giapponesi, dai periodi Jomon (14.000-300 a.C.) e Yayoi (300 a.C.-300 d.C.) fino alle ere Kofun (250-538 d.C.) e Asuka (538-710 d.C.). Ispirandosi alle visite in loco alle formazioni geologiche sacre dell'arcipelago giapponese, tra cui le rocce leggendarie dell'isola di Okinoshima e i santuari di Izumo e Awaji, Mori si concentra su questi siti ancestrali attraverso una lente contemporanea. Entrando nella galleria principale, i visitatori vengono accolti da due pilastri di pietra luminosi. Queste opere, appartenenti alla serie Stone di Mori , reimmaginano le venerate rocce giapponesi, o Iwakura, che per millenni sono state luoghi di presenza divina. Le loro superfici dicroiche mutano con la luce ambientale e il movimento dell'osservatore, reinterpretando energie invisibili che richiamano la funzione originaria delle pietre come portali verso il sacro.




Sempre nella galleria principale, Mori ha allestito un ambiente che ricrea l'esperienza spirituale dell'ingresso nei santuari giapponesi. Presentata interamente in bianco, l'installazione evoca uno spazio di purezza e trascendenza. Una leggera brezza si muove dolcemente attraverso i veli di seta che avvolgono il santuario interno, infondendo all'opera un senso quasi impercettibile di movimento e respiro. All'interno di questo ambiente meditativo si trovano altre due opere in pietra, Kamitate Stone I e Oshito Stone III , le cui superfici luminose risuonano con l'architettura circostante. Insieme, il santuario e le sculture costituiscono il cuore della mostra, offrendo uno spazio di quiete e riflessione che collega i sistemi di credenze storici con la visione futuristica di Mori.

Attorno a questo nucleo sacro si trovano i dipinti fotografici Unity di Mori , che riflettono sull'interconnessione di tutte le cose. Radicati in rituali e filosofie come il Chadō (cerimonia del tè), incarnano la pratica più ampia di Mori all'intersezione tra arte, scienza, spiritualità e tecnologia. Come ricorda l'artista, la serie è stata ispirata da una visione travolgente di luce radiosa. Mori ricorda: "la manifestazione di un amore profondo e sconfinato, la fonte primordiale da cui nasce ogni vita... In quel momento sacro, ho sentito una profonda connessione con la Grande Luce. Il mio cuore traboccava della consapevolezza che nessuna anima è mai veramente sola". Attraverso queste opere, Mori trasmette questo legame eterno tra la presenza divina e tutti gli esseri viventi.

Nella galleria d'ingresso, Mori presenta opere poetiche su seta e carta che estendono la qualità meditativa della serie. La loro raffinata esecuzione e la loro dimensione contemplativa invitano a uno sguardo ravvicinato, offrendo un'intima controparte alle pietre monumentali e al santuario. Insieme, queste opere creano un ritmo di immersione e riflessione che caratterizza la mostra.

Radiance espande la pratica visionaria di Mori, intrecciando in modo armonioso lo spirituale e il tecnologico, il materiale e l'immateriale. Invita gli spettatori a viaggiare attraverso spazi di trascendenza e riflessione, ricordandoci l'interdipendenza tra umanità, natura e cosmo.




Mariko Mori vive e lavora a New York e Tokyo. Nell'autunno del 2026, il Mori Art Museum di Tokyo presenterà una grande retrospettiva delle opere di Mariko Mori, che abbracciano tre decenni, attraverso tutti i media. La mostra è co-curata da Alexandra Munroe, Senior Curator at Large, Global Arts, Guggenheim Museum and Foundation, e Mami Kataoka, Direttrice del Mori Art Museum. Il suo lavoro è stato oggetto di mostre personali presso importanti istituzioni internazionali, tra cui la Royal Academy of Arts di Londra; la Japan Society di New York; la Serpentine Gallery di Londra; e il Centre Pompidou di Parigi, tra le altre. Le opere di Mariko Mori sono presenti nelle collezioni del Guggenheim Museum di New York; del Museum of Modern Art di New York; della Tate Modern di Londra; del Louisiana Museum di Danimarca; dell'ARoS Aarhus Kunstmuseums di Danimarca; dell'Asia Society di New York; della Pinchuk Foundation di Ucraina; del San Francisco Museum of Modern Art e del Buffalo AKG Art Museum, tra le altre. Mori ha ricevuto numerosi premi, tra cui la prestigiosa  Menzione d'onore  alla 47a Biennale di Venezia nel 1997 e l'8° Premio Annuale come promettente Artista e Studiosa nel Campo dell'Arte Contemporanea Giapponese nel 2001 dalla Japan Cultural Arts Foundation. Nel 2014 è stata nominata Fellow onorario della University of the Arts di Londra.


Sean Kelly, New York
31 ottobre – 20 dicembre 2025

01/12/25

Chicago - City of the Garden

Foto della mostra al MAC di Chicago

Il Museo di Arte Contemporanea di Chicago propone fino a Maggio la mostra "City in a Garden: Queer Art and Activism in Chicago" una iniziativa collettiva intergenerazionale che mette in luce il ruolo essenziale, ma spesso sottovalutato, di Chicago nella storia dell'arte e dell'attivismo queer. La mostra esamina questa storia a partire dalla metà degli anni '80, quando gli attivisti si mobilitarono radicalmente in risposta alla disastrosa gestione della crisi dell'AIDS da parte del governo statunitense. In questo momento di cambiamento, gli attivisti rivendicarono l'epiteto storicamente dispregiativo "queer" come termine liberatorio, che comprendeva tutti coloro che si discostavano intenzionalmente dalla società eteronormativa. Traendo spunto dalla collezione dell'MCA e da altre collezioni locali, " City in a Garden" segue questo cambiamento di paradigma nella storia LGBTQ+ riunendo opere di oltre 30 artisti e collettivi attivi a Chicago dagli anni '80 a oggi.


Foto della mostra al MAC di Chicago


Questi artisti affrontano la queerness attraverso diversi media e metodi: documentando spazi queer clandestini attraverso fotografie, creando sculture che sfidano le rappresentazioni normative di genere e sessualità ed esplorando l'intimità queer attraverso disegni, dipinti e video. City in a Garden presenta anche materiali d'archivio relativi a gruppi che combinano in modo innovativo le pratiche artistiche con il loro attivismo. La mostra prende il titolo dal motto ufficiale di Chicago, Urbs in Horto , che si traduce in "città in un giardino". Nel contesto di questa presentazione, questo motto si riferisce alle visioni utopiche degli artisti e degli attivisti in mostra di un santuario metropolitano per persone di ogni razza, genere e orientamento sessuale. Mentre le persone queer continuano a lottare per la propria vita e il proprio sostentamento sotto continue e rinnovate minacce politiche, queste visioni rimangono oggi più urgenti che mai.


Foto della mostra al MAC di Chicago


City in a Garden: Queer Art and Activism in Chicago è curata da Jack Schneider, curatore associato, con Korina Hernandez, assistente curatoriale. 

30/11/25

Coco Fusco al El Barrio di New York

veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman


 A New York El Museo del Barrio presenta la prima retrospettiva statunitense sull'influente artista e scrittrice interdisciplinare cubano-americana Coco Fusco (nata nel 1960, vive a New York). Artista rinomata, Fusco è stata acclamata a livello mondiale per la sua voce spiccatamente perspicace, pungente e penetrante. Dagli anni Novanta, i suoi film, fotografie, testi, installazioni e performance hanno affrontato le dinamiche della politica e del potere in relazione a questioni di rappresentazione, cultura e critica istituzionale.

La mostra comprenderà oltre tre decenni di produzione artistica di Fusco, posizionandola come una delle artiste più influenti nel panorama dell'arte contemporanea. Dalla sua ormai canonica performance "Due Amerindi Sconosciuti Scoprono l'Ovest" (presentata con Guillermo Gomez-Peña) alla sua continua indagine sulla storia cubana post-rivoluzionaria, fino alle sue più recenti esplorazioni fotografiche sulla politica statunitense, la mostra offrirà una panoramica completa della sua carriera multidisciplinare.


veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman


Prendendo in prestito il titolo dalla recente monografia dell'artista, Tomorrow, I will Become an Island è organizzata presso El Museo del Barrio da Susanna V. Temkin, curatrice capo ad interim, e Rodrigo Moura, ex curatore capo.



veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman



SULL'ARTISTA
Coco Fusco è un'artista e scrittrice interdisciplinare con sede a New York. Ha ricevuto il Free Speech Defender Award 2023 dalla National Coalition Against Censorship, un Art Award dell'American Academy of Arts and Letters nel 2021, una Latinx Artist Fellowship nel 2021, un Anonymous Was a Woman Award nel 2021, un Rabkin Prize for Art Criticism nel 2018, un Greenfield Prize nel 2016, una Cintas Fellowship nel 2014, una Guggenheim Fellowship nel 2013, un Absolut Art Writing Award nel 2013, una Fulbright Fellowship nel 2013, una US Artists Fellowship nel 2012 e un Herb Alpert Award in the Arts nel 2003.
Le performance e i video di Fusco sono stati presentati alla 56a Biennale di Venezia, alla Biennale di Sharjah, a Frieze Special Projects, a Basel Unlimited, a tre Biennali del Whitney (2022, 2008 e 1993) e in diverse altre mostre internazionali. Le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art, del Walker Art Center, dell'Art Institute di Chicago, del Whitney Museum, del Centre Pompidou e del Museo d'Arte Contemporanea di Barcellona. 
Fusco è autrice di numerosi libri e collabora regolarmente con la New York Review of Books e numerose pubblicazioni d'arte. La sua monografia " Tomorrow, I will Become an Island" è stata pubblicata da Thames & Hudson nel 2023.
Fusco ha conseguito la laurea triennale in Semiotica presso la Brown University (1982), la laurea magistrale in Pensiero e Letteratura Moderna presso la Stanford University (1985) e il dottorato di ricerca in Arte e Cultura Visiva presso la Middlesex University (2007). È professoressa presso la Cooper Union School of Art.

29/11/25

Richard Prince - Posters


Sta per concludersi la mostra personale "Posters" di Richard Prince ideata da Hetzler | Marfa  in occasione della presentazione annuale della galleria a Marfa, in Texas.

Uno dei principali rappresentanti dell'arte di appropriazione, Richard Prince ricontestualizza immagini e idee provenienti dai mass media, dalla pubblicità e dall'intrattenimento fin dagli anni '70. Spesso basata su prodotti della cultura americana quotidiana, la sua pratica è quella della "post-produzione", che rielabora i fenomeni culturali e i loro attributi per riscrivere le narrazioni ricevute e la nostra comprensione della storia. 

La presente mostra riunisce un ampio corpus di  opere Poster di Prince  su tela e su carta, create tra il 2014 e il 2024. Le grandi tele mostrano riproduzioni di pubblicità per manifesti per corrispondenza, come si trovavano spesso sul retro delle riviste nella seconda metà del XX secolo  . 

Estremamente popolari all'epoca, queste immagini stampate rappresentano pietre miliari delle prime riviste controculturali, che sono tra gli interessi a lungo termine di Prince. I motivi degli slogan politici e dell'arte eccentrica sotto forma di poster economici vengono individuati e scelti dall'artista. 

Traggono origine dalla cultura hippie degli head-shop della fine degli anni '60, che comprendeva anche riviste, dischi musicali e comici. Staccate e bloccate dalle pagine in cui erano elencate, le immagini sono state ingrandite in modo che le opere risultanti siano molto più grandi dei poster originali. 

Nella loro selezione apparentemente arbitraria, le immagini dei poster combinano slogan contro la guerra, riproduzioni di arte moderna, interpretazioni grafiche di coppie nude e immagini di gatti in raccolte a volte ironicamente disparate. L'atteggiamento rivoluzionario delle proteste studentesche della fine degli anni '60 è giustapposto all'autoindulgenza della cultura hippie in questa illustrazione affiancata del linguaggio visivo popolare. 

Se gli atteggiamenti culturali vengono trasportati attraverso l'immaginario quotidiano, Prince li rende trasparenti applicando il focus della sua pratica artistica a questi materiali di partenza. Metodo e implicazione vengono tradotti in contesti diversi e, con la sua meticolosa attenzione ai dettagli, l'artista decodifica la comunicazione del linguaggio visivo contemporaneo e le idee che vi sono nascoste. Richard Prince

28/11/25

Novità al Simose Art Museum

 
Opera di Sam Falls al Simose Art Museum


L'elegante Simose Art Museum ha acquisito opere di tre artisti contemporanei: Sam Falls, Tomokazu Matsuyama e Miwa Komatsu. 

E ora presente una mostra in due parti con le opere di Sam Falls e Tomokazu Matsuyama, seguirà poi una dedicata a Miwa Komatsu. 

Sam Falls, nato nel 1984 negli Stati Uniti, si è distinto negli ultimi anni per la sua pratica di disporre rami, foglie e fiori su tela, cospargerli di tintura ed esporli alla luce del sole, alla pioggia e al vento per trasformarli in dipinti. I colori vivaci e i motivi familiari rendono le opere accattivanti, ma il processo creativo di Falls riflette anche il suo interesse per i principi fondamentali della fotografia; la sua consapevolezza del rapporto tra spettatore, opera d'arte e artista; e le sue profonde meditazioni sulla natura e sulla caducità della vita. Questa mostra sarà la prima in Giappone a presentare la sua monumentale opera "Spring to Fall" (2023-2024), alta oltre 3,6 metri e larga 45 metri, la cui realizzazione ha richiesto più di un anno.

Tomokazu Matsuyama, nato nella prefettura di Gifu nel 1976, è un artista contemporaneo attivo a livello internazionale con sede a New York. Matsuyama crea le sue opere attraverso un metodo unico di "campionamento", in cui ricostruisce un'ampia gamma di motivi artistici e popolari tratti sia dalla cultura orientale che da quella occidentale. Le sue tele riflettono i volti intricati della società contemporanea, mentre l'uso di colori vivaci e la meticolosa attenzione ai dettagli danno vita a una visione del mondo distintiva. Il suo potente linguaggio visivo ha affascinato il pubblico di tutto il mondo. Questa mostra presenta parte della sua pratica globale, evidenziando due dipinti di recente acquisizione insieme a Soul Miner (2025), un'opera scultorea di grandi dimensioni presentata per la prima volta nella sua prima mostra personale a Tokyo.

27/11/25

Pinacoteca tris!

 


La Pinacoteca Agnelli propone per questa fine d'anno tre differenti progetti, una mostra storica sull'attività artistica  di Alice Neel, recentemente tutelata dalla galleria David Zwiner, i dinamici interventi e approcci pittorici di Piotr Uklański e un nuovo progetto sulla mitica pista del Lingotto di Paul Pfeiffer dal titolo Vitruvian Figure (Juventus).



Le proposte ben presentate si articolano nelle diverse aere della fondazione, creando un interessante gioco di confronto stilistico fra gli approcci artistici di artisti da provenienze molto diverse. 



Giocano su temi e tecniche pittoriche  che se con Alice Neel paiono più di quieta maniera borghese compiaciuta con Piotr Uklański scivolano in un ironico arabesco formale. Mentre l'intervento di Paul Pfeiffer ci immerge nell'intensa passione viscerale dello sport che sovrasta ogni intelletualismo, spesso autoreferenziale. 





26/11/25

Niki de Saint Phalle e Jean Tinguely




Nella tenuta della Hauser & Wirth Somerset, fino al 1 Febbraio, si ergono i lavori di Niki de Saint Phalle (1930-2002) e Jean Tinguely (1925-1991) proposti in collaborazione con la Niki Charitable Art Foundation . La prima mostra dedicata a entrambi gli artisti nel Regno Unito illustra la visionaria produzione artistica di Saint Phalle e Tinguely e la duratura collaborazione creativa durata tre decenni. 



La mostra si svolge nell'ambito delle celebrazioni del centenario della nascita di Tinguely. Per celebrare questa ricorrenza, la sua opera innovativa e giocosa sarà celebrata a livello internazionale con una serie di mostre ed eventi.




Due figure emblematiche dell'arte contemporanea, Saint Phalle e Tinguely, hanno sfidato la pratica artistica convenzionale e sono stati animati da un sentimento di ribellione, sia nella vita che nell'arte. La mostra presenta opere inedite su carta e art décor di Saint Phalle, accanto ai suoi dipinti sparatutto e alle monumentali sculture all'aperto. Le iconiche macchine cinetiche di Tinguely spaziano dagli anni '50 all'ultimo anno della sua vita, oltre alle poliedriche opere collaborative realizzate dal duo nel corso degli anni '80.