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08/12/25

Sven Drühl da Konig




 A Berlino la galleria KÖNIG presenta le opere dell'artista berlinese Sven Drühl, in collaborazione con il Museo Hans Erni di Lucerna e il Museo Wiesbaden. Per oltre due decenni, l'artista ha esplorato l'arte paesaggistica concettuale. La mostra FNJ–KST, la seconda di Drühl con la galleria, presenta circa 30 opere, alcune di grandi dimensioni, principalmente dal 2018 al 2025, che abbracciano tre serie: dipinti in silicone, dipinti a lacca e sculture della serie Dark. Drühl ha studiato arte e matematica negli anni Novanta, durante l'apice dei dibattiti postmoderni nel mondo dell'arte, un discorso che costituisce il fondamento della sua pittura concettuale.

Con il suo linguaggio visivo distintivo, Drühl si interroga sul modo in cui percepiamo e riproduciamo l'idea di natura. I suoi paesaggi, meticolosamente realizzati ma apertamente artificiali, ci ricordano che le nostre immagini della natura sono sempre più plasmate da schermi, algoritmi e memoria culturale piuttosto che dall'esperienza diretta. In un'epoca segnata dalla vulnerabilità ecologica e dai cambiamenti climatici, i suoi dipinti e le sue sculture offrono riflessioni silenziose sui paesaggi che ereditiamo, su quelli che consumiamo digitalmente e su quelli che potremmo perdere. Un filo conduttore che attraversa l'opera di Drühl è l'assenza di narrazione. I suoi paesaggi appaiono freddi e distanti. Le persone non compaiono mai, eppure la loro assenza riporta l'attenzione su di loro. Drühl lavora in serie, rivisitando singoli motivi nel tempo, alterandone sezioni, cambiando i colori o traducendoli in altri media, comprese le opere luminose al neon.




La pratica di Drühl si basa sulla reinterpretazione: campiona opere d'arte storiche, rendering digitali e frammenti di modelli matematici per costruire paesaggi che sembrano familiari ma che resistono a una localizzazione precisa. Proprio come un DJ che sovrappone suoni di epoche diverse, Drühl remixa forme e idee. La sua serie di lacche presenta catene montuose, vulcani e paesaggi marini iperrealistici. Dipinte a partire da grafica vettoriale generata al computer, queste opere iperrealistiche rompono la tradizionale pittura en plein air, evocando al contempo lo stesso stupore e la stessa nostalgia di una catena montuosa lontana.

Al contrario, la serie in silicone attinge alla tradizione storico-artistica della pittura paesaggistica. Drühl trae ispirazione da artisti che spaziano dal XIX secolo a oggi, traducendo le loro visioni naturalistiche in distintivi contorni in silicone nel suo stile inconfondibile. Queste opere parlano del divario tra la natura come ideale e la natura come costrutto mediato, filtrato attraverso la cultura, la memoria e ora i flussi di dati dei nostri schermi. 
I dipinti sono completati da nuove sculture raffiguranti catene montuose. La serie Dark si basa su montagne reali create utilizzando dati geografici. Drühl manipola l'asse Z in modo che le montagne assomiglino a quelle dei mondi fantascientifici e fantasy, pur mantenendo una base reale. Le loro superfici sono rivestite da una spessa pittura a olio nera, che le collega alla serie di dipinti neri di Drühl. L'artista concepisce le sue sculture come un'estensione della pittura nello spazio.

Come in entrambe le precedenti edizioni del museo, la mostra mette in risalto anche il lavoro teorico di Drühl. L'artista ha conseguito un dottorato in storia dell'arte e si è affermato come curatore ospite di 13 volumi del Kunstforum International e come autore di numerosi articoli di storia dell'arte. Drühl viene presentato anche come collezionista: le sue opere sono integrate da una selezione di circa 25 dipinti provenienti dalla sua collezione del XIX secolo, accuratamente curata, che comprende artisti da Eugen Bracht e Janus La Cour a Carl Spitzweg. Questa presentazione contrastante di opere dal 1855 al 2025 crea un ponte tra il XIX secolo e i giorni nostri.

I paesaggi di Sven Drühl non sono semplici raffigurazioni del mondo naturale; sono meditazioni su come lo ricordiamo, lo immaginiamo e lo riproduciamo. La sua opera intreccia il romantico e il digitale, il sublime e il sintetico, invitando gli spettatori a riconsiderare il significato della natura in un'epoca di rapidi cambiamenti tecnologici e di consapevolezza ambientale. L'artista apre uno spazio di contemplazione, dove bellezza, memoria e traccia della mano umana incontrano le infinite possibilità dell'artificiale.


07/12/25

"Niskamij - Sky World" da Gavlak

 

Renée Condo:  Niskamij (Sky World) , vista dell'installazione, GAVLAK West Palm Beach

La galleria GAVLAK, West Palm Beach, accoglie nei suoi spazi la mostra  "Niskamij - Sky World", con le nuove opere dell'artista di Montréal Renée Condo, che segna il suo debutto con la galleria. La presentazione segue la grande installazione di Condo recentemente presentata alla 65a edizione del Museum Ball del Montreal Museum of Fine Arts e amplia la sua esplorazione dell'interconnessione attraverso una visione del mondo Mi'gmaq.

Nota per le sue ampie composizioni di perline, il linguaggio visivo di Renée Condo nasce dalla convinzione Mi'gmaq che tutto ciò che esiste sia legato da una relazione: ogni azione, materiale ed essere si influenzano a vicenda in un continuum vivente. Lavorando con migliaia di perline di legno levigate, dipinte e disposte singolarmente, costruisce superfici ritmiche che accentuano l'attenzione al colore, alla consistenza e alla forma. Ogni perlina funge sia da elemento distinto che da parte di un insieme più ampio, riecheggiando la continua ricerca dell'artista sull'equilibrio tra armonia individuale e collettiva.

In Niskamij – Sky World, Condo si ispira alla cosmologia Mi'gmaq e al regno ancestrale che esiste oltre il mondo visibile. Qui, la creazione si dispiega come un continuo processo di divenire: ciclico, soggetto a rinnovamenti e riallineamenti, e che si muove attraverso soglie che collegano il materiale e lo spirituale. In Ga'qanei – Entranceway (2025), Condo esplora il dialogo tra sé e la fonte attraverso immagini speculari del sole. Campi di colore e forme si raccolgono e si disperdono in un movimento silenzioso, mentre i motivi Mntu occupano gli spazi intermedi, evocando le forze invisibili che plasmano l'esistenza. Pur ispirandosi al suo interesse per la fisica e la metafisica, questo corpus di opere si concentra in ultima analisi sulla comprensione indigena del tempo, dell'energia e della relazione.

La pratica di Condo, pur essendo formalmente rigorosa, è profondamente sensoriale. Guidata dal principio Mi'gmaq della Conoscenza del Cuore – che privilegia il sentimento sull'intelletto – si avvicina a ogni perla con cura intenzionale, infondendo all'opera quella che lei definisce "presenza energetica". Gli spettatori descrivono spesso le opere come radiose o vive, con le loro superfici che vibrano di silenziosa intensità. Per Condo, questa risonanza incarna uno scambio di energia tra creatore e spettatore, tra materiale e significato.

In Niskamij – Sky World, le composizioni di Condo invitano alla contemplazione della scala, dal subatomico al celeste. Le opere evocano sia l'intimità del tatto che la vastità dello spazio, offrendo una meditazione sull'interconnessione di tutta l'esistenza. Fondendo la filosofia indigena con il linguaggio formale dell'astrazione, Condo propone una visione del mondo in cui percezione, materia e spirito coesistono in uno stato di presenza e relazione.


Renée Condo:  Niskamij (Sky World) , vista dell'installazione, GAVLAK West Palm Beach


Informazioni sull'artista

Renée Condo (nata nel 1979 a Gesgapegiag, QC; vive e lavora a Tiohtià:ke, Montréal, QC) ha conseguito una laurea in Belle Arti e un master in Scultura presso la Concordia University. Le mostre personali di Condo includono "One who shatters particles, one who smells flowers", Blouin Division, Montreal, QC (2025); "Shifting Perspectives", Warren G. Flowers Gallery, Montreal, QC (2023); "Sisip-Sipu, Knowing Differently", Contemporary Native Art Biennial (BACA), Galerie Laroche/Joncas, Montreal, Que (2022); "Heart Knowledge – Pemitgl", Galerie Laroche/Joncas, Montreal, QC (2021). Le sue opere sono state incluse in mostre collettive, tra cui una mostra biennale, "A Quiet Truth", presso la Night Gallery, Los Angeles, CA (2024); Abtrus, Galerie Laroche/Joncas, Montreal, QC (2021); Honoring Kinship, BACA (Biennale d'Arte Nativa Contemporanea), Art Mûr, Montreal, QC (2020), tra le altre. Oltre a diverse fiere d'arte, tra cui Dallas Art Fair, Galerie Blouin Division, Dallas, TX (2025); Art Basel Miami Beach, Gavlak Gallery, Miami, FL (2024); The Armory Show, Galerie Blouin Division, New York, NY (2023); Art Toronto, Toronto, ONT (2021); Miami Untitled, Miami, FL (2024); Plural, Galerie Blouin Division, Montreal, QC (2025, 2024); Artgenéve, Ginevra, Svizzera. Le opere di Condo sono presenti anche in numerose collezioni pubbliche e private, tra cui Canada Goose, Montreal, QC e Las Vegas, NV; Citizens Bank, Palm Beach, FL; Google, Toronto, ON; LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton, Parigi, Francia; McCarthy Tétrault, Toronto, Ontario; Montreal Museum of Fine Arts, QC; RBC Bank, Toronto, Ontario; Scotia Bank, Toronto, Ontario; Telus, Toronto, Ontario; e TD Bank, Toronto, Ontario. Incluse opere d'arte pubbliche a Laval e Gesgapegiag, QC. 


Attualmente è vincitrice del programma di residenza a lungo termine della Fonderie Darling. Renée Condo è rappresentata da GAVLAK a Palm Beach, Florida e a Blouin Division | Montreal, Canada.


06/12/25

Diane Arbus al Gropius Bau


Fotografie della mostra "Diane Arbus: Konstellationen" scatti di Rosa Merk. Tutte le opere The Estate of Diana Arbus, Collezione Maja Hoffmann/Fondazione LUMA 

A Berlino il Gropius Bau presente in un interessante allestimento le audaci fotografie in bianco e nero di Diane Arbus che demoliscono le convenzioni estetiche e sovvertono ogni certezza

Una mostra antologica che copre quasi tutto il suo lavoro dagli inizia fino ad oggi. Con 454 stampe, molte delle quali esposte qui per la prima volta, "Konstellationen"  offre nuove prospettive sulle immagini iconiche di Arbus e sull'ampia gamma della sua ritrattistica.


Fotografie della mostra "Diane Arbus: Konstellationen" scatti di Rosa Merk. Tutte le opere The Estate of Diana Arbus, Collezione Maja Hoffmann/Fondazione LUMA

Diane Arbus ha trascorso gran parte della sua carriera, dalla fine degli anni '50 al 1971, fotografando a New York, creando un ritratto variegato e avvincente della vita negli Stati Uniti del dopoguerra. I suoi soggetti includevano coppie, bambini, drag queen, nudisti, pedoni di New York, famiglie di periferia, artisti circensi, intellettuali come Susan Sontag e celebrità come Mae West e James Brown. 

Presentata come una labirintica "costellazione" di fotografie, la mostra al Gropius Bau non segue né un raggruppamento cronologico né tematico. Piuttosto, invita i visitatori a vagare liberamente tra le immagini, scoprendo le risonanze e le relazioni che emergono tra loro.




05/12/25

1+1 L'arte relazionale


 foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

A Roma il MAXXI propone un percorso dinamico che trasforma il museo in un laboratorio di relazioni, convivialità e interazioni.

1+1. L’arte relazionale è la prima grande retrospettiva al mondo dedicata al movimento dell’Arte Relazionale, a distanza di tre decenni dalla sua nascita, curata dal critico e curatore di fama internazionale Nicolas Bourriaud.

Negli anni Novanta una nuova generazione di artisti rivoluziona il discorso dell’arte aprendolo alle relazioni inter-umane, esplorando la sfera collettiva, utilizzando le pratiche sociali, la convivialità, l’interazione, i gruppi e le comunità come materiali e strumenti di ricerca. Teorizzata da Bourriaud nel 1998, l’Estetica Relazionale è oggi riconosciuta come una delle principali correnti artistiche del nuovo Millennio e i suoi artisti acclamati a livello internazionale. Prossimità, convivialità, micro-utopie e processi partecipativi sono i principi che accomunano le ricerche dei 45 artisti in mostra, tra cui Vanessa Beecroft, Maurizio Cattelan, Dominique Gonzalez-Foerster, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Philippe Parreno e Rirkrit Tiravanija, Angela Bulloch, Liam Gillick, Douglas Gordon, Gabriel Orozco, Santiago Sierra, Felix Gonzalez-Torres.

foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

In un tempo in cui gran parte delle nostre relazioni si svolge attraverso schermi e media digitali, l’arte relazionale ci invita a riscoprire la dimensione umana dell’incontro. Il Museo si trasforma in un luogo vivo, permeabile, dove l’arte accade e si rinnova grazie alla partecipazione di chi lo attraversa.

foto di Musacchio & Pasqualini / Musa courtesy Fondazione Maxxi. 

artisti in mostra:
Francis Alÿs, Kutluğ Ataman, Vanessa Beecroft, Monica Bonvicini, Britto Arts Trust, Angela Bulloch, Sophie Calle, Maurizio Cattelan, Lygia Clark, Braco Dimitrijević, Annika Eriksson, Alicia Framis, Liam Gillick, Dominique Gonzalez-Foerster, Felix Gonzalez-Torres, Douglas Gordon, Joseph Grigely, Jens Haaning, Carsten Höller, Pierre Huyghe, Christian Jankowski, Kimsooja, Ben Kinmont, Maria Lai, Mark Leckey, Ken Lum, Lee Mingwei, Gianni Motti, Grace Ndiritu, Hélio Oiticica, OPAVIVARÁ!, Gabriel Orozco, Philippe Parreno, Pia Rönicke & Zeynel Abidin Kızılyaprak, Cesare Pietroiusti, Premiata Ditta, Anri Sala, Julia Scher, Santiago Sierra, SUPERFLEX, Rirkrit Tiravanija, Gillian Wearing, Franz West, Elin Wikström, Ian Wilson

04/12/25

miart 2026


L'anno sta per finire e già arrivano le informazioni per i prossimi eventi, come dalla Fiera Milano che sta già avviando i preparativi per la trentesima edizione di miart, la fiera internazionale d’arte moderna e contemporanea diretta da Nicola Ricciardi che si svolgerà alla South Wing dell’Allianz MiCo dal 17 al 19 aprile 2026 (VIP preview giovedì 16) e celebrerà questo importante traguardo valorizzando la propria storia e aprendosi a nuovi orizzonti.
 
In occasione del doppio centenario dalla nascita dei musicisti statunitensi John Coltrane (Hamlet, 1926 – Huntington, 1967) e Miles Davis (Alton, 1926 – Santa Monica, 1991), miart fa propria una delle caratteristiche intrinseche del jazz: la capacità di trasformare uno standard noto in un terreno fertile per l’innovazione. Con il titolo New Directions – omaggio al celebre album del 1963 di Coltrane, ma anche vera e propria dichiarazione d’intenti – miart 2026 abbraccia una trasformazione che coinvolge ogni aspetto della sua identità: dai contenuti curatoriali al dialogo con le gallerie, dall’immagine coordinata all’esperienza stessa del visitatore. 


Sezioni storiche e nuove prospettive: il ritmo del nuovo layout
 
All’interno della nuova sede della South Wing di Allianz MiCo – complesso espositivo pronto a essere interpretato in modo inedito, come uno spartito – si confermano le sezioni storiche Emergent ed Established, che si confrontano come due voci in dialogo tra loro. La prima, curata da Attilia Fattori Franchini è dedicata alle gallerie emergenti che credono e investono sul futuro dell’arte; la seconda, cornice per realtà consolidate che continuano a definire il presente dell’arte internazionale, proporrà progetti che spaziano dal primo Novecento fino agli orizzonti più recenti della contemporaneità.

Established si arricchisce quest’anno di una metasezione: Established Anthology presenterà i progetti espositivi che accompagneranno la trentesima edizione della fiera raccontando la complessità, le traiettorie e le trasformazioni del tempo. Attraverso l’interpretazione della dimensione temporale come esperienza vissuta, archivio di segni e orizzonte da immaginare, le opere proposte indagheranno temi come la ciclicità e la metamorfosi, l’oblio e memoria, l’attesa e l’immaginazione del futuro, giocando con i salti temporali, le stratificazioni, le inversioni della cronologia e interrogando i futuri possibili, reali o distopici. Established Anthology intende attivare un dialogo generativo tra linguaggi del moderno e pratiche del contemporaneo, promuovendo un equilibrio armonioso tra le parti che ne esalti le risonanze, in linea con lo spirito di miart, storicamente incentrata sui rimandi cronologici.

Accanto a Established Anthology, del tutto inedita sarà anche la sezione Interplay, il cui nome riprende un termine chiave del lessico jazzistico che indica la capacità di ascolto reciproco e reazione immediata tipica delle improvvisazioni. Così come nel jazz ogni musicista contribuisce alla costruzione del brano influenzando e ispirando gli altri, l’anima della sezione sarà la condivisione e l’interazione tra due gallerie che, all’interno dello stesso spazio espositivo, creeranno narrazioni coese, capaci di restituire un dialogo autentico tra artisti, linguaggi e contesti culturali differenti. Una sezione che si propone come un invito a collaborare e un palcoscenico per sperimentare. 

Il layout espositivo si articolerà su tre livelli distinti, concepiti per accompagnare i visitatori in un’esperienza di scoperta progressiva della fiera. Al piano d’ingresso troverà posto Emergent, punto di partenza ideale del percorso, che si affaccerà sul livello inferiore dedicato a Established, Interplay e alla Ruinart Champagne Lounge; il piano superiore, invece, ospiterà Established Anthology e il VIP Restaurant. L’intera disposizione, ritmata e sorprendente come un’improvvisazione jazz, valorizza ciascuna sezione e guida i visitatori in un’esperienza armoniosa e coinvolgente. 


Lo spartito visivo: il dinamismo dell’improvvisazione

Ad accompagnare miart 2026 e ad amplificarne visivamente i messaggi, lo studio Leftloft ha realizzato una campagna grafica allineandosi all’identità e alla visione della nuova edizione e interpretando il tema New Directions come una riflessione sul valore dell’improvvisazione e sull’equilibrio tra struttura e libertà, tra riconoscibile e nuovo.
 
Il campo grafico diventa così lo spartito mentre gli spazi di comunicazione, siano essi cartacei o digitali, il pentagramma vuoto che lascia spazio a una composizione visiva in continua trasformazione. Le variabili – formato, colore, titoli, testi, tipografia, immagini – sono gli strumenti di una jazz band visiva che improvvisa attorno a un leitmotiv, generando infinite variazioni sul tema. Ne nasce un linguaggio potente e sincopato, capace di esprimere il carattere evolutivo e aperto di miart. 
 
L’immagine ideata traduce così il tema New Directions in un sistema identitario dinamico e riconoscibile, che celebra la pluralità del linguaggio artistico contemporaneo e la capacità della fiera di rigenerarsi, esplorando nuove direzioni senza dimenticare le proprie origini.



Tra identità e futuro: un’apertura internazionale in dialogo con la città
 
Anche per questa edizione, miart 2026 conferma il proprio respiro internazionale, intrecciando il proprio percorso con l’energia della città di Milano e contribuendo a rendere la città stessa punto di riferimento per l’arte contemporanea. 
 
In questo contesto, si rinnova per il quarto anno consecutivo la collaborazione con ICE – Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane, che continua a offrire un contributo significativo allo sviluppo della dimensione internazionale della fiera. Il sostegno di ICE consente di amplificare la visibilità di miart all'estero e di favorire la partecipazione internazionale, consolidando il ruolo della manifestazione all’interno del panorama artistico globale.
 
E come nel jazz, dove il dialogo tra strumenti diversi è essenziale e ogni voce contribuisce con la propria nota a costruire un’armonia collettiva, dal 13 al 19 aprile tornerà anche Milano Art Week, la manifestazione diffusa promossa dal Comune di Milano, che coinvolgerà le principali istituzioni pubbliche e private della città, creando uno spazio di confronto sui linguaggi e le pratiche artistiche della contemporaneità. Per sette giorni, Milano ospiterà un vasto programma di eventi dedicati all’arte in tutte le sue forme, tra mostre, performance, proiezioni, workshop ed eventi speciali.


New Directions vuole essere un invito a lasciarsi attraversare da linguaggi che si rinnovano, da artisti che osano, da gallerie che scommettono, da un pubblico che ascolta. Così come si ascolta il jazz: con rispetto, con stupore, con desiderio.
 
È questa la vocazione di miart 2026: come in un brano in cui ogni nota dialoga con la successiva, la manifestazione conferma con orgoglio le proprie radici reinterpretando la sua identità per raccontare il presente e immaginare nuove prospettive per il futuro.

03/12/25

Wang Shu e Lu Wenyu per la prossima Biennale di Architettura 2025

 


Mentre con un successo di visitatori si conclude questa edizione della Biennale di Architettura sono stati annunciati i prossimi curatori che sono  Wang Shu e Lu Wenyu.

  

 Biennale Architettura 2027

Il Cda della Biennale di Venezia, su proposta del Presidente Pietrangelo Buttafuoco, ha deliberato la nomina di Wang Shu e Lu Wenyu come Direttori artistici del Settore Architettura, con lo specifico incarico di curare la 20. Mostra Internazionale di Architettura che si svolgerà nel 2027, da sabato 8 maggio a domenica 21 novembre (pre-apertura 6 – 7 maggio).

Wang Shu e Lu Wenyu

Architetti e docenti, Wang Shu e Lu Wenyu hanno fondato nel 1997 Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno istituito il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art e nel 2007 hanno fondato la Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è stato il primo preside e Lu Wenyu direttrice del Centro per la Costruzione Sostenibile. Hanno partecipato al Padiglione Cina alla Biennale Architettura 2006, e sono stati invitati a partecipare alla Biennale Architettura 2010 da Kazuyo Sejima (dove ricevono la Menzione Speciale con il progetto “Decay of a Dome”) e alla Biennale Architettura 2016 da Alejandro Aravena.


Adottano un approccio architettonico incentrato sul riuso dei materiali esistenti, sulle tracce lasciate dalla vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sul valore dei processi costruttivi artigianali. Promuovono una sperimentazione radicale, profondamente legata al contesto locale e alla tradizione vernacolare. Lo studio fonde memoria e innovazione attraverso l’uso di materiali riciclati provenienti da edifici storici e l’impiego di tecniche ingegneristiche contemporanee, offrendo un’alternativa concreta allo sviluppo urbano attuale, dominato da demolizioni e interventi edilizi su larga scala. La loro visione mantiene una prospettiva globale, proponendo un linguaggio architettonico capace di superare il conflitto culturale tra città e campagna, e la dicotomia tra artificiale e naturale.

Tra i loro progetti più noti: il Museo Storico di Ningbo, il Campus di Xiangshan della China Academy of Art (selezionato nel 2021 dal New York Times tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra”), il Tiles Hill a Hangzhou, la Riqualificazione del Villaggio di Wencun, il Complesso Culturale di Fuyang, l’Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, la Conservazione e il Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, il Museo Storico di Lin’an, il Museo degli Animali Antichi di Baoding, l’Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, la Opera House e la Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in prestigiose istituzioni internazionali, tra cui il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi. Mostre personali sono state dedicate loro al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles. Nel 2019 hanno ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society.

Wang Shu ha ricevuto nel 2012 il Pritzker Architecture Prize, il più prestigioso riconoscimento internazionale nel campo dell’architettura ed è Membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023.

Dichiarazioni

Il Presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco ha dichiarato:

«Con grande soddisfazione annunciamo la nomina di Wang Shu e Lu Wenyu quali Direttori Artistici del Settore Architettura. La loro visione, profondamente radicata nella memoria dei luoghi e nella sapienza dei processi costruttivi, rappresenta oggi una voce indispensabile nel dibattito internazionale sull’architettura e sul senso dell’abitare i luoghi del mondo. In loro, La Biennale di Venezia riconosce due protagonisti capaci di coniugare responsabilità culturale e genio sperimentale, offrendo un contributo di straordinaria qualità in un momento storico che richiede conoscenza, misura, immaginazione. La loro guida saprà ispirare una riflessione ampia e necessaria, proiettando la Biennale Architettura 2027 verso nuove prospettive e nuovi modi di comprendere il nostro rapporto con lo spazio, la memoria e la comunità pensante. A Wang Shu e Lu Wenyu va la nostra più sincera gratitudine per aver accettato questo incarico e il nostro più convinto augurio di buon lavoro».


Wang Shu e Lu Wenyu hanno commentato: «Siamo molto onorati di essere stati nominati Direttori Artistici del Settore Architettura e Curatori della 20. Mostra Internazionale di Architettura della Biennale di Venezia 2027, su invito del Presidente Pietrangelo Buttafuoco. Ringraziamo il Consiglio di Amministrazione della Biennale di Venezia per la fiducia riposta in noi. Faremo del nostro meglio per affrontare questa grande sfida. Oggi i rapidi e molteplici cambiamenti nell’architettura appaiono soprattutto come un fenomeno di superficie, frutto di un’eccessiva concettualizzazione o di una marcata commercializzazione. L’esuberanza delle sperimentazioni concettuali risulta spesso distante dalla realtà, mentre la spinta commerciale tende a generare esiti effimeri e puramente popolari. Questo fenomeno, che muta velocemente per poter sopravvivere rompendo il legame con i luoghi reali, rischia di condurre alla morte stessa dell’architettura, riducendola a una sorta di illusoria proiezione del futuro.

In un contesto segnato da crisi concrete e urgenti, adottare un approccio semplice e autentico assume dunque un valore particolare. Il nostro impegno sarà quello di esprimere con la massima sincerità questo valore e questa ricerca, contribuendo a una realtà — e a un futuro — migliori.

Ancora una volta desideriamo esprimere il nostro sentito ringraziamento al Presidente Pietrangelo Buttafuoco e alla Biennale di Venezia tutta».


Note biografiche

Wang Shu (Cina)

Wang Shu è il vincitore del Premio Pritzker per l’Architettura 2012 e Membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023. Architetto e docente, ha cofondato nel 1997, insieme a Lu Wenyu, lo studio Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno fondato il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art e nel 2007 hanno istituito la Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è stato il primo preside.

Con Lu Wenyu porta avanti un approccio architettonico incentrato sul riuso dei materiali esistenti, sulle tracce lasciate dalla vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sul valore del processo costruttivo artigianale. Lo studio promuove una sperimentazione architettonica radicale, profondamente legata al contesto locale e alla tradizione vernacolare. Combinando materiali riciclati provenienti da edifici storici con tecniche ingegneristiche contemporanee — fondendo memoria e innovazione — Wang Shu e Lu Wenyu offrono una risposta potente alla realtà sociale dello sviluppo urbano caratterizzato da demolizioni e costruzioni su larga scala.

La loro visione mantiene una prospettiva globale, proponendo un linguaggio architettonico capace di superare il conflitto culturale tra città e campagna, e di oltrepassare la dicotomia tra artificiale e naturale. Questo approccio si riflette in diverse opere, tra le quali: Museo Storico di Ningbo, Campus di Xiangshan della China Academy of Art, Tiles Hill a Hangzhou, Riqualificazione del Villaggio di Wencun, Complesso Culturale di Fuyang, Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, Conservazione e Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, Museo Storico di Lin’an, Museo degli Animali Antichi di Baoding, Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, Opera House e Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in prestigiose istituzioni internazionali, tra cui La Biennale di Venezia, il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi. Mostre personali sono state dedicate loro al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles.

Il progetto del Campus di Xiangshan è stato selezionato dal New York Times nel 2021 tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra” a livello mondiale.

Wang Shu è stato Kenzo Tange Visiting Professor alla Harvard Graduate School of Design nel 2011 e ha ricoperto incarichi di docente ospite presso MIT, UCL, Rice University, University of Hong Kong e Tongji University. Ha ricevuto numerosi riconoscimenti accademici, tra cui una professorship onoraria presso la Southeast University, una fellowship onoraria del RIBA (Royal Institute of British Architects) e lauree honoris causa dal Rhode Island School of Design e dalla Chinese University of Hong Kong (in Sociologia).

Nel 2011 è stato insignito della Medaglia d’Oro dell’Académie d’Architecture di Francia, e nel 2013 è stato incluso da TIME tra le 100 persone più influenti al mondo. Nel 2019 ha ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society. Dal 2018 al 2024 ha fatto parte della giuria del Premio Pritzker per l’Architettura.


 


Lu Wenyu (Cina)

Lu Wenyu è architetto e insieme a Wang Shu ha cofondato nel 1997 lo studio Amateur Architecture Studio. Nel 2003 hanno istituito il Dipartimento di Architettura presso la China Academy of Art, dando avvio a un nuovo corso di studi che ha profondamente influenzato la didattica dell’architettura in Cina.

Lu è membro dell’Académie d’Architecture di Francia dal 2023 e ha ricoperto il ruolo di visiting professor presso la Harvard Graduate School of Design, il Massachusetts Institute of Technology (MIT), la University College London (UCL) e la Rice University.

Insieme a Wang Shu porta avanti una ricerca architettonica che si concentra sull’uso dei materiali esistenti, sulle tracce della vita quotidiana delle persone comuni, sulla vitalità delle strutture anonime e sull’importanza del processo artigianale nei cantieri. Lo studio promuove una sperimentazione architettonica radicale, radicata nel contesto locale e nella tradizione vernacolare. Combinando materiali recuperati da edifici storici con tecniche ingegneristiche moderne — e fondendo memoria e innovazione — Wang Shu e Lu Wenyu offrono una risposta significativa alla realtà dello sviluppo urbano contemporaneo, caratterizzato da grandi demolizioni e ricostruzioni. La loro visione mantiene una prospettiva globale, traducendo nelle opere un linguaggio innovativo che supera il conflitto culturale tra città e campagna, e oltrepassa la distinzione tra artificiale e naturale.

Tra i loro progetti più noti figurano: Museo Storico di Ningbo, Campus di Xiangshan della China Academy of Art, Tiles Hill a Hangzhou, Riqualificazione del Villaggio di Wencun, Complesso Culturale di Fuyang, Archivio Nazionale delle Pubblicazioni e della Cultura di Hangzhou, Restauro della Via Imperiale della Dinastia Song del Sud, Museo Storico di Lin’an, Museo degli Animali Antichi di Baoding, Accademia Tradizionale Cinese Jin Sha a Xiamen, Opera House e Concert Hall di Xi’an.

Le loro opere sono state esposte in sedi internazionali di grande prestigio come La Biennale di Venezia, il MoMA di New York e il Centre Pompidou di Parigi, oltre a mostre personali al Louisiana Museum of Modern Art, al Centre d’architecture Arc en rêve di Bordeaux e al BOZAR – Centre for Fine Arts di Bruxelles. Il progetto del Campus di Xiangshan è stato selezionato dal New York Times nel 2021 tra le “25 opere più significative dell’architettura del dopoguerra” a livello mondiale.

Lu Wenyu ha ricevuto il Schelling Architecture Prize in Germania, una Menzione Speciale alla Biennale Architettura nel 2010 per il progetto “Decay of a Dome”, ed è stata inserita tra i Fellow del RIBA nel 2015. Nel 2019 ha ricevuto la Gold Medal del Tau Sigma Delta Honor Society. È stata membro della giuria dei Premi UNESCO Asia-Pacific per la Conservazione del Patrimonio Culturale e Presidente della Giuria del RIBA International Prize 2024.

Come forma di doppia riflessione — resistenza critica alla realtà e sfida verso il futuro — Lu Wenyu e Wang Shu hanno fondato nel 2003 il nuovo Dipartimento di Architettura della China Academy of Art di Hangzhou, introducendo un modello educativo innovativo basato sulla comprensione dei materiali, sul lavoro manuale e sullo studio dei giardini cinesi. Nel 2007 questo percorso ha portato alla nascita della Scuola di Architettura, di cui Wang Shu è il preside fondatore e Lu Wenyu è direttrice del Centro per la Costruzione Sostenibile.




02/12/25

Mariko Mori a New York

 


Ho seguito sempre i suoi lavori, come alla Biennale e in altri interessanti progetti, il suo approccio è molto raffinato e stratificato, ora a New York è presente presso la galleria Sean Kelly con "Radiance", una mostra di nuove opere dell'artista di Mariko Mori. In questa presentazione profondamente contemplativa, Mori unisce materiali tecnologici all'avanguardia con antiche cosmologie, traendo ispirazione dalle durature tradizioni spirituali del Giappone. Tra scultura, installazione e opere su carta, la mostra riflette il lungo impegno di Mori con concetti metafisici e innovazione tecnica radicati nel suo patrimonio culturale. 

Radiance affonda le sue radici nell'ampia ricerca di Mori sulle culture litiche giapponesi, dai periodi Jomon (14.000-300 a.C.) e Yayoi (300 a.C.-300 d.C.) fino alle ere Kofun (250-538 d.C.) e Asuka (538-710 d.C.). Ispirandosi alle visite in loco alle formazioni geologiche sacre dell'arcipelago giapponese, tra cui le rocce leggendarie dell'isola di Okinoshima e i santuari di Izumo e Awaji, Mori si concentra su questi siti ancestrali attraverso una lente contemporanea. Entrando nella galleria principale, i visitatori vengono accolti da due pilastri di pietra luminosi. Queste opere, appartenenti alla serie Stone di Mori , reimmaginano le venerate rocce giapponesi, o Iwakura, che per millenni sono state luoghi di presenza divina. Le loro superfici dicroiche mutano con la luce ambientale e il movimento dell'osservatore, reinterpretando energie invisibili che richiamano la funzione originaria delle pietre come portali verso il sacro.




Sempre nella galleria principale, Mori ha allestito un ambiente che ricrea l'esperienza spirituale dell'ingresso nei santuari giapponesi. Presentata interamente in bianco, l'installazione evoca uno spazio di purezza e trascendenza. Una leggera brezza si muove dolcemente attraverso i veli di seta che avvolgono il santuario interno, infondendo all'opera un senso quasi impercettibile di movimento e respiro. All'interno di questo ambiente meditativo si trovano altre due opere in pietra, Kamitate Stone I e Oshito Stone III , le cui superfici luminose risuonano con l'architettura circostante. Insieme, il santuario e le sculture costituiscono il cuore della mostra, offrendo uno spazio di quiete e riflessione che collega i sistemi di credenze storici con la visione futuristica di Mori.

Attorno a questo nucleo sacro si trovano i dipinti fotografici Unity di Mori , che riflettono sull'interconnessione di tutte le cose. Radicati in rituali e filosofie come il Chadō (cerimonia del tè), incarnano la pratica più ampia di Mori all'intersezione tra arte, scienza, spiritualità e tecnologia. Come ricorda l'artista, la serie è stata ispirata da una visione travolgente di luce radiosa. Mori ricorda: "la manifestazione di un amore profondo e sconfinato, la fonte primordiale da cui nasce ogni vita... In quel momento sacro, ho sentito una profonda connessione con la Grande Luce. Il mio cuore traboccava della consapevolezza che nessuna anima è mai veramente sola". Attraverso queste opere, Mori trasmette questo legame eterno tra la presenza divina e tutti gli esseri viventi.

Nella galleria d'ingresso, Mori presenta opere poetiche su seta e carta che estendono la qualità meditativa della serie. La loro raffinata esecuzione e la loro dimensione contemplativa invitano a uno sguardo ravvicinato, offrendo un'intima controparte alle pietre monumentali e al santuario. Insieme, queste opere creano un ritmo di immersione e riflessione che caratterizza la mostra.

Radiance espande la pratica visionaria di Mori, intrecciando in modo armonioso lo spirituale e il tecnologico, il materiale e l'immateriale. Invita gli spettatori a viaggiare attraverso spazi di trascendenza e riflessione, ricordandoci l'interdipendenza tra umanità, natura e cosmo.




Mariko Mori vive e lavora a New York e Tokyo. Nell'autunno del 2026, il Mori Art Museum di Tokyo presenterà una grande retrospettiva delle opere di Mariko Mori, che abbracciano tre decenni, attraverso tutti i media. La mostra è co-curata da Alexandra Munroe, Senior Curator at Large, Global Arts, Guggenheim Museum and Foundation, e Mami Kataoka, Direttrice del Mori Art Museum. Il suo lavoro è stato oggetto di mostre personali presso importanti istituzioni internazionali, tra cui la Royal Academy of Arts di Londra; la Japan Society di New York; la Serpentine Gallery di Londra; e il Centre Pompidou di Parigi, tra le altre. Le opere di Mariko Mori sono presenti nelle collezioni del Guggenheim Museum di New York; del Museum of Modern Art di New York; della Tate Modern di Londra; del Louisiana Museum di Danimarca; dell'ARoS Aarhus Kunstmuseums di Danimarca; dell'Asia Society di New York; della Pinchuk Foundation di Ucraina; del San Francisco Museum of Modern Art e del Buffalo AKG Art Museum, tra le altre. Mori ha ricevuto numerosi premi, tra cui la prestigiosa  Menzione d'onore  alla 47a Biennale di Venezia nel 1997 e l'8° Premio Annuale come promettente Artista e Studiosa nel Campo dell'Arte Contemporanea Giapponese nel 2001 dalla Japan Cultural Arts Foundation. Nel 2014 è stata nominata Fellow onorario della University of the Arts di Londra.


Sean Kelly, New York
31 ottobre – 20 dicembre 2025

01/12/25

Chicago - City of the Garden

Foto della mostra al MAC di Chicago

Il Museo di Arte Contemporanea di Chicago propone fino a Maggio la mostra "City in a Garden: Queer Art and Activism in Chicago" una iniziativa collettiva intergenerazionale che mette in luce il ruolo essenziale, ma spesso sottovalutato, di Chicago nella storia dell'arte e dell'attivismo queer. La mostra esamina questa storia a partire dalla metà degli anni '80, quando gli attivisti si mobilitarono radicalmente in risposta alla disastrosa gestione della crisi dell'AIDS da parte del governo statunitense. In questo momento di cambiamento, gli attivisti rivendicarono l'epiteto storicamente dispregiativo "queer" come termine liberatorio, che comprendeva tutti coloro che si discostavano intenzionalmente dalla società eteronormativa. Traendo spunto dalla collezione dell'MCA e da altre collezioni locali, " City in a Garden" segue questo cambiamento di paradigma nella storia LGBTQ+ riunendo opere di oltre 30 artisti e collettivi attivi a Chicago dagli anni '80 a oggi.


Foto della mostra al MAC di Chicago


Questi artisti affrontano la queerness attraverso diversi media e metodi: documentando spazi queer clandestini attraverso fotografie, creando sculture che sfidano le rappresentazioni normative di genere e sessualità ed esplorando l'intimità queer attraverso disegni, dipinti e video. City in a Garden presenta anche materiali d'archivio relativi a gruppi che combinano in modo innovativo le pratiche artistiche con il loro attivismo. La mostra prende il titolo dal motto ufficiale di Chicago, Urbs in Horto , che si traduce in "città in un giardino". Nel contesto di questa presentazione, questo motto si riferisce alle visioni utopiche degli artisti e degli attivisti in mostra di un santuario metropolitano per persone di ogni razza, genere e orientamento sessuale. Mentre le persone queer continuano a lottare per la propria vita e il proprio sostentamento sotto continue e rinnovate minacce politiche, queste visioni rimangono oggi più urgenti che mai.


Foto della mostra al MAC di Chicago


City in a Garden: Queer Art and Activism in Chicago è curata da Jack Schneider, curatore associato, con Korina Hernandez, assistente curatoriale. 

30/11/25

Coco Fusco al El Barrio di New York

veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman


 A New York El Museo del Barrio presenta la prima retrospettiva statunitense sull'influente artista e scrittrice interdisciplinare cubano-americana Coco Fusco (nata nel 1960, vive a New York). Artista rinomata, Fusco è stata acclamata a livello mondiale per la sua voce spiccatamente perspicace, pungente e penetrante. Dagli anni Novanta, i suoi film, fotografie, testi, installazioni e performance hanno affrontato le dinamiche della politica e del potere in relazione a questioni di rappresentazione, cultura e critica istituzionale.

La mostra comprenderà oltre tre decenni di produzione artistica di Fusco, posizionandola come una delle artiste più influenti nel panorama dell'arte contemporanea. Dalla sua ormai canonica performance "Due Amerindi Sconosciuti Scoprono l'Ovest" (presentata con Guillermo Gomez-Peña) alla sua continua indagine sulla storia cubana post-rivoluzionaria, fino alle sue più recenti esplorazioni fotografiche sulla politica statunitense, la mostra offrirà una panoramica completa della sua carriera multidisciplinare.


veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman


Prendendo in prestito il titolo dalla recente monografia dell'artista, Tomorrow, I will Become an Island è organizzata presso El Museo del Barrio da Susanna V. Temkin, curatrice capo ad interim, e Rodrigo Moura, ex curatore capo.



veduta dell'istallazione courtesy El Museo del Barrio New York foto di Matthew Sherman



SULL'ARTISTA
Coco Fusco è un'artista e scrittrice interdisciplinare con sede a New York. Ha ricevuto il Free Speech Defender Award 2023 dalla National Coalition Against Censorship, un Art Award dell'American Academy of Arts and Letters nel 2021, una Latinx Artist Fellowship nel 2021, un Anonymous Was a Woman Award nel 2021, un Rabkin Prize for Art Criticism nel 2018, un Greenfield Prize nel 2016, una Cintas Fellowship nel 2014, una Guggenheim Fellowship nel 2013, un Absolut Art Writing Award nel 2013, una Fulbright Fellowship nel 2013, una US Artists Fellowship nel 2012 e un Herb Alpert Award in the Arts nel 2003.
Le performance e i video di Fusco sono stati presentati alla 56a Biennale di Venezia, alla Biennale di Sharjah, a Frieze Special Projects, a Basel Unlimited, a tre Biennali del Whitney (2022, 2008 e 1993) e in diverse altre mostre internazionali. Le sue opere sono presenti nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art, del Walker Art Center, dell'Art Institute di Chicago, del Whitney Museum, del Centre Pompidou e del Museo d'Arte Contemporanea di Barcellona. 
Fusco è autrice di numerosi libri e collabora regolarmente con la New York Review of Books e numerose pubblicazioni d'arte. La sua monografia " Tomorrow, I will Become an Island" è stata pubblicata da Thames & Hudson nel 2023.
Fusco ha conseguito la laurea triennale in Semiotica presso la Brown University (1982), la laurea magistrale in Pensiero e Letteratura Moderna presso la Stanford University (1985) e il dottorato di ricerca in Arte e Cultura Visiva presso la Middlesex University (2007). È professoressa presso la Cooper Union School of Art.

29/11/25

Richard Prince - Posters


Sta per concludersi la mostra personale "Posters" di Richard Prince ideata da Hetzler | Marfa  in occasione della presentazione annuale della galleria a Marfa, in Texas.

Uno dei principali rappresentanti dell'arte di appropriazione, Richard Prince ricontestualizza immagini e idee provenienti dai mass media, dalla pubblicità e dall'intrattenimento fin dagli anni '70. Spesso basata su prodotti della cultura americana quotidiana, la sua pratica è quella della "post-produzione", che rielabora i fenomeni culturali e i loro attributi per riscrivere le narrazioni ricevute e la nostra comprensione della storia. 

La presente mostra riunisce un ampio corpus di  opere Poster di Prince  su tela e su carta, create tra il 2014 e il 2024. Le grandi tele mostrano riproduzioni di pubblicità per manifesti per corrispondenza, come si trovavano spesso sul retro delle riviste nella seconda metà del XX secolo  . 

Estremamente popolari all'epoca, queste immagini stampate rappresentano pietre miliari delle prime riviste controculturali, che sono tra gli interessi a lungo termine di Prince. I motivi degli slogan politici e dell'arte eccentrica sotto forma di poster economici vengono individuati e scelti dall'artista. 

Traggono origine dalla cultura hippie degli head-shop della fine degli anni '60, che comprendeva anche riviste, dischi musicali e comici. Staccate e bloccate dalle pagine in cui erano elencate, le immagini sono state ingrandite in modo che le opere risultanti siano molto più grandi dei poster originali. 

Nella loro selezione apparentemente arbitraria, le immagini dei poster combinano slogan contro la guerra, riproduzioni di arte moderna, interpretazioni grafiche di coppie nude e immagini di gatti in raccolte a volte ironicamente disparate. L'atteggiamento rivoluzionario delle proteste studentesche della fine degli anni '60 è giustapposto all'autoindulgenza della cultura hippie in questa illustrazione affiancata del linguaggio visivo popolare. 

Se gli atteggiamenti culturali vengono trasportati attraverso l'immaginario quotidiano, Prince li rende trasparenti applicando il focus della sua pratica artistica a questi materiali di partenza. Metodo e implicazione vengono tradotti in contesti diversi e, con la sua meticolosa attenzione ai dettagli, l'artista decodifica la comunicazione del linguaggio visivo contemporaneo e le idee che vi sono nascoste. Richard Prince