Casa Zegna ospita un progetto artistico di Emilio Vavarella in cui il DNA diventa matrice d’arte: tessitura, genetica e memoria vegetale convivono in un progetto unico dedicato all’Oasi Zegna.
La Fondazione Zegna, nella biellese Trivero, Valdilana, presenta un nuovo capitolo d’arte, natura e scienza con la mostra “L’altra forma delle cose (AAS47692 / Piceaabies)”, un progetto appositamente concepito per Casa Zegna dell’artista Emilio Vavarella la cui pratica artistica si fonde con un approccio interdisciplinare alla ricerca teorica attraverso l’utilizzo di nuove tecnologie nello spazio poetico, in cui il digitale e le sue potenzialità trasformative incontrano la forza della realtà.
Il progetto nasce su invito della Fondazione Zegna all’artista come sviluppo di unlavoro precedente, The Other Shapes Of Me (2019- 2021) in cui Vavarella ha indagato il rapporto tra identità e tecnologia binaria e le sue più recenti applicazioni.
L’opera di Emilio Vavarella attinge alla genetica, alla tecnologia, alla memoria e allevisioni tattili. Per rispondere alla richiesta della Fondazione Zegna ha messo al lavorotutta la sua sensibilità e la sua conoscenza e ha trasformato in materiale d’arte il DNA dell’abete rosso che punteggia l’intero comprensorio dell’Oasi Zegna.
Con “L’altra forma delle cose (AAS47692 / Picea abies)”, Emilio Vavarella presenta una serie di 6 installazioni e lavori inediti che sorprendono e commuovono per la capacità di condurre il visitatore nella memoria vegetale come materiale pulsante che condivide la stessa matrice vitale con tutti gli altri esseri viventi.
La mostra ruota infatti attorno al DNA dell’abete rosso, il cui codice identificativo dà iltitolo al progetto. Vavarella ha estrapolato le informazioni genetiche dell’albero traducendole in elaborazioni grafiche. L’artista mette in scena uno spartito tessile su cui scorre il racconto genetico del Picea abies, questo il nome scientifico della pianta, per poi convertire il DNA dell’albero, attraverso dei software da lui creati, in un intreccio di pixel trasferibile su tessuto.
L’esito è straordinario. Così lo descrive Ilaria Bonacossa, che firma il testo critico: «Lo spazio di Casa Zegna sorprende il visitatore con strutture metalliche nere, solitamente utilizzate come supporto per server informatici, i tipici computer-rack, ergersi su basi specchianti, come telai contemporanei di strani tessuti dai colori tenui. Queste tre strutture alte circa due metri evocano delle presenze fisiche con cui il nostro corpo entra necessariamente in dialogo e presentano sei elaborazioni del DNA».
Un’operazione che amplifica la vocazione della Fondazione Zegna: memoria, tessuto e respiro nel vegetale sono a loro volta nel DNA della storia d’impresa della famiglia Zegna e dei progetti visionari e appassionati che ne disegnano l’identità e l’impegno nel tempo.
Per Fondazione Zegna il progetto di Emilio Vavarella rappresenta il proseguimento di un percorso sulla relazione tra natura, arte e scienza avviato con il piano di rinnovo boschivo Zegna Forest lanciato nel 2020, come esplorazione scientifica dello stato di salute dell’Oasi Zegna: oggi questo eco-sistema è oggetto di un imponente progetto di rigenerazione che durerà per almeno un decennio. Da qui l’invito a una serie di artisti capaci di interpretarlo e di mostrarne in filigrana le dimensioni filosofiche, visive, emozionali: nel 2021 è stata la volta di Laura Pugno, mentre protagonista di questo secondo episodio è Emilio Vavarella, ribadendo la volontà della Fondazione di aprirsi alle ricerche contemporanee e di dare spazio a talenti emergenti per portare al pubblico nuovi progetti nati specificamente per Fondazione Zegna.