Dai
millenni passati le immagini sono state il mezzo attraverso cui chi detiene il
potere economico, impone agli altri un certo modo di vedere la realtà, oggi
questa verità pare completamente realizzatasi su tutti i fronti, sempre di più
siamo affossati in un unico magma culturale, banale e superficiale, che domina
su tutto il pianeta. Tale situazione impoverisce e rallenta lo sviluppo
culturale.
Cosa poter fare per reagire? Come opporsi all’appiattimento artistico?
In
una cultura dominata dal “Dappertutto e ora” tutto viene consumato, forse anche
i nostri sentimenti, lasciando solo un cumulo di macerie e di vuoto. Quando
torneremo alla lentezza, alla profondità, al bellezza del parziale, della
differenziazione?
Il
consumismo dell’arte.
Sempre
di più trovo che l’arte naufraga quando lascia la sua unicità per essere un
prodotto atto a canalizzare flussi economici, creando in tal modo svuotamenti
culturali. L’arte diventa così un corollario turistico e non un valore creativo
di una identità culturale. Che vive di tanti attimi di breve durata e senza
lasciare tracce del suo esistere, e soprattutto senza dipendere dalle necessità
economiche.
La
dittatura dell’arte.
Il
concetto di arte è uno dei tanti esempio di dittatura culturale europea sulle
altre etnie, in quanto nelle altre strutture sociali tale “concetto” non è mai
esistito, ma è stato imposto dalle prime colonizzazioni. Per cui ora si ragione
nei termini di una visione eurocentrica che ha annullato le diverse visioni
appiattendo tutto e distruggendo altre forme di percepire il mondo. Per cui
spesso vengono presentati artisti africani, cinesi etc.. che ripropongono stili
europei con elementi folcloristici, ma che nulla hanno reale loro tradizione,
in quanto non sarebbero accettati nel limitato mondo dell’arte.
Opere
per il cuore opere per la mente, opere che fungono funzione di veicolo
culturale o opere che soddisfano il senso estetico?
L’arte
delle sole idee è una risposta alla eccessiva esteticità, un tentativo di
soddisfare la diffusa noia visiva?
La
maggior parte delle opere artistiche contemporanee rischia però di essere
troppo legata a una idealizzazione che non ha nulla da apportare e condividere
con l’osservatore. Spesso un inutile parlare del vuoto senza possibilità di
sviluppi. L’eccessiva attenzione al margine ci porta tutti su un precipizio di
infinità inutilità autocompiacente.