Una breve riflessione che prende spunto dalla recente polemica sulla mostra Desert X, che si svolge in Arabia Saudita, sul tema della finzione culturale dell’arte, che vuole essere valore sociale ma poi troppo spesso è semplice pagliacciata per corti danarose che siano grandi collezionisti con fabbriche schiaviste o sistemi politici dittatoriali.
Che dire, nonostante i tanti finti temi sociali, troppo spesso gli artisti si lasciano conquistare dal potere e dal denaro, che smuove i loro animi tanto sensibile (al benessere).
Colpa che spesso è da condividere con i galleristi e i collezionisti che si appassionano a tante opere senza però farsi intenerire.
Che dire poi delle vergognose donazioni che piovono allegramente su fondazioni e musei, soprattutto negli Stati Uniti, mentre la società civile sempre più cade nella povertà e nell’ignoranza, ma veramente servono tutti questi nuovi e rinnovati musei non sarebbe più sensibile donarli a scuole, ospedali, tanto più in questa delicata fase coronavirus, caserme dei pompieri etc.
Che l’arte sia cultura è stato un mantra che oggi non ha più tanto senso, oggi l’arte, come quasi tutte le attività umane, è diventata “consumo” e infatti i luoghi più dinamici in questi tempi sono proprio le modaiole fiere, atti di puro inquinamento ambientale, consumi e superficialità smodate.
A questi inutili riti consumistici si affiancano i tanti eventi ideati nei tanti spazi naturali che diventano luogo di inquinamento, conquista e consumo.
A tutto ciò poi si affianca il grave problema della convivenza con regimi dittatoriali, che siano piccoli regni o grandi nazioni come la Cina o la Russia, dove la democrazia e la libertà non si vedono nemmeno col binocolo, ma dove tutti (dagli architetti agli artisti, col supporto di curatori, critici e galleristi) vanno, visto la grande mole di fresco “denaro”.
Ovviamente ci sono poi nicchie di reale impegno e valore, speriamo che siano queste quelle che prima o poi trovino il giusto rispetto e attenzione.