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Soldi sporchi d’arte … Artisti combattenti di libertà?

Nel nostro paese l’impegno artistico è quasi sempre visto a latere, mentre altrove risulta più significativo, vedasi il recente caso della Biennale di Sydney, dove oltre la metà degli artisti partecipanti ha manifestato contro la sponsorizzazione alla manifestazione della Transfield Holdings, società che gestisce anche un campo di detenzione per immigrati in Australia.
L’equilibrio in questi ambiti risulta sempre difficile, guardiamo anche al caso di Manifesta, che vede due artisti italiane parteciparvi senza troppi problemi, anche se il paese che l’organizza non è sicuramente un esempio di civiltà e rispetto dei diritti sociali (almeno in questo momento), ma sappiamo benissimo quanti interessi diretti si mettono in gioco.
E che dire poi, quando sono proprio gli enti stessi che trattano arte a essere direttamente coinvolti, noto a tutti il caso del costruendo museo Guggenheim ad Abu Dhabi, che è stato accusato di usare manodopera a basso costo e senza tutele lavorative. Come è successo anche per la costruzione dei tendoni di Frieze a New York e che quest’anno pare aver trovato una soluzione, dopo diversi giorni di confronto operativo.
Fa un certo effetto vedere persone disposte a comprare a cifre stratosferiche oggetti che si vantano essere “sociali” in un contesto di sfruttamento umano, dov’è la tanto strombazzata civiltà o ancora peggio l’idea di bellezza e cultura?
Gli artisti possono avere un ruolo costruttivo e critico o devono sottomettersi al gioco degli interessi, voi che ne pensate?

31 Gennaio 2015