Colophon

Pensieri d'arte

12/07/25

Fata Morgana

Man Ray, Groupe Surréaliste (Séance d’écriture automatique), 1924-1980 / 
Fotografia new print / Photograph, new print / Printed by Pierre Gassmann / 17 x 22 cm / Courtesy Gió Marconi Gallery / SIAE 2025

 Fondazione Nicola Trussardi e Palazzo Morando | Costume Moda Immagine sono lieti di annunciare Fata Morgana: memorie dall’invisibile, una mostra ideata e prodotta dalla Fondazione Nicola Trussardi per Palazzo Morando | Costume Moda Immagine, con la curatela di Massimiliano Gioni, Daniel Birnbaum e Marta Papini.
 
La mostra è pensata dalla Fondazione Nicola Trussardi appositamente per gli spazi di Palazzo Morando, sede museale dedicata alla storia della città di Milano e residenza della Contessa Lydia Caprara Morando Attendolo Bolognini (Alessandria d'Egitto, 1876 – Vedano al Lambro, Monza Brianza, 1945), che tra Otto e Novecento raccolse una vasta biblioteca su temi occultistici, spiritici e alchemici, oggi custoditi all’Archivio Storico Civico e Biblioteca Trivulziana.

È a partire dalla figura della Contessa e da questo luogo carico di suggestioni che prende forma l’idea di un progetto espositivo unico, dedicato a pratiche artistiche ispirate all’invisibile, all’automazione psichica e alla trance come modalità di creazione.
 
Fata Morgana è un personaggio mitologico appartenente al ciclo delle leggende di Re Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, spesso associata a luoghi misteriosi come l'isola di Avalon, terra di passaggio tra il mondo dei vivi e quello dei morti: nell’immaginario collettivo è una maga potente – ora benevola, ora spietata, custode di segreti, illusioni e mondi intermedi, capace di potenti incantesimi, sortilegi e inganni – ma anche, nelle interpretazioni più recenti, una donna libera, indipendente e anticonformista che vive senza seguire le regole imposte dalla società.
 
La mostra trae ispirazione dal poema Fata Morgana, scritto da André Breton nel 1940, e intreccia storia, arte e misticismo in un viaggio attraverso visioni, estasi, apparizioni e immaginari alternativi per esplorare il rapporto tra arte, occulto e dimensioni interiori. Con dipinti, fotografie, documenti, disegni e oggetti rituali Fata Morgana: memorie dall’invisibile presenta le opere di medium, mistiche e mistici, visionarie e visionari, artiste e artisti che hanno aperto varchi tra il visibile e l’invisibile. La mostra indaga le contaminazioni tra arti visive e fenomeni paranormali, esoterismo, spiritismo, teosofia e pratiche simboliche, restituendo un panorama vibrante e frammentario di ricerche nate ai margini della storia ufficiale ma capaci di trasformare radicalmente le convenzioni dell’arte e della società.
 
Al centro della mostra ha un posto di rilievo un prezioso nucleo di opere di Hilma af Klint, leggendaria pittrice svedese che agli inizi del Novecento – guidata da presenze medianiche – sviluppò un linguaggio astratto del tutto originale, precorrendo pionieri dell’astrazione come Wassily Kandinsky e Piet Mondrian. Si tratta di una rara occasione per ammirare in Italia un corpus di 16 tele risalenti alla primissima fase di sperimentazione “automatica”: un’opportunità significativa, che si inserisce nel crescente interesse internazionale verso l’opera di af Klint, riscoperta dal grande pubblico a partire dal 2013 grazie alla Biennale di Venezia (curata da Massimiliano Gioni) e alla retrospettiva organizzata dal Moderna Museet di Stoccolma (allora diretto da Daniel Birnbaum, che è anche curatore del catalogo ragionato dell’artista), e che oggi è protagonista di un'importante mostra al MoMA di New York.
Accanto a quelle di Hilma af Klint verranno presentate opere e documenti di altre straordinarie figure storiche tra cui Georgiana Houghton, Emma Kunz, Linda Gazzera, Hélène Smith, Eusapia Palladino, Carol Rama, Man Ray, Pierre Klossowski, Victorien Sardou, Augustine Lesage, Annie Besant e Wilhelmine Assmann, che saranno poste in dialogo con artiste e artisti contemporanei che hanno interrogato gli stessi temi attraverso nuovi media e nuovi linguaggi come, tra gli altri, Judy Chicago, Kerstin Brätsch, Marianna Simnett, Andra Ursuţa, Diego Marcon e Chiara Fumai. 
In mostra anche alcuni preziosi testi provenienti dalla biblioteca della Contessa Morando, concessi in prestito dalla Biblioteca Trivulziana.
Chiara Fumai, The Book of Evil Spirits, 2015 / single channel video, col., spund, 26'24” / video still / Courtesy Archivio Chiara Fumai
Fata Morgana: memorie dall’invisibile non si propone di confermare l’esistenza del soprannaturale, ma di raccontare come, in diversi momenti storici, pratiche considerate eccentriche abbiano scardinato convenzioni artistiche e sociali, mettendo in discussione gerarchie di genere, autorità scientifiche e limiti del pensiero razionale. In un’epoca segnata da nuove forme di ossessione e nevrosi, disinformazione e fascinazione per il mistero, la mostra riflette anche sulle relazioni pericolose tra tecnologia, spiritualità e potere.
Attraverso una rete di narrazioni visive – dai diagrammi per “macchine influenzanti” nate in contesti psichiatrici ottocenteschi, alle fotografie spiritiche, alle testimonianze di sedute medianiche – Fata Morgana compone un atlante dell’invisibile, un mosaico di mondi interiori, utopie, derive mentali e alternative radicali alla razionalità dominante.
 
“Con Fata Morgana la Fondazione Nicola Trussardi rinnova la propria vocazione a esplorare territori artistici inattesi e a dare spazio a narrazioni alternative, portando l’arte contemporanea oltre i confini tradizionali – dichiara Beatrice Trussardi, Presidente della Fondazione Nicola Trussardi –. Dopo progetti come La Grande Madre e La Terra Inquieta, ci confrontiamo oggi con il potere perturbante dell’invisibile: in un’epoca attraversata da nuove forme di spiritualità e di ricerca interiore, abbiamo scelto di indagare come ciò che sfugge alla vista continui a segnare profondamente la storia dell’arte e a interrogare il presente. Non è un caso che il poema Fata Morgana di André Breton sia stato scritto nel 1940: nei momenti più bui, il bisogno di immaginare un altrove e di riconnettersi a dimensioni invisibili si fa più urgente. Questo progetto nasce dall’incontro tra visioni radicali e sensibilità eccentriche, in un intreccio di arte, scienza e ignoto che interpreta pienamente la missione culturale della Fondazione.”
 
“Con Fata Morgana: memorie dall’invisibile Palazzo Morando si conferma non solo come un museo civico dedicato alla memoria storica della città, ma anche come un luogo capace di accogliere progetti espositivi visionari e sperimentali. Questa mostra, realizzata in collaborazione con la Fondazione Nicola Trussardi e curata da un team di respiro internazionale, intreccia storia, arte e spiritualità, restituendo al pubblico un viaggio affascinante tra visibile e invisibile, tra immaginazione e ricerca interiore. È un esempio virtuoso di come la cultura possa aprire nuove prospettive, rileggendo il passato con occhi contemporanei e offrendo spazi di riflessione su temi oggi più che mai attuali, come l’identità, il mistero e la libertà espressiva", dichiara Tommaso Sacchi, Assessore alla Cultura del Comune di Milano.
 
Con una selezione di oltre cinquanta figure tra intellettuali, artiste e artisti storici e contemporanei, la Fondazione Nicola Trussardi, attraverso Fata Morgana: memorie dall’invisibile, invita a ripensare il ruolo del margine, dell’inspiegabile e del visionario nella creazione artistica, affidando il progetto a un team curatoriale di grande esperienza internazionale, che vanta per la prima volta in Italia ben due ex Direttori della Biennale di Venezia, e facendo di Palazzo Morando un portale per accedere a dimensioni altre, sospese tra passato e presente, tra immaginazione e realtà.
 
 
Fata Morgana: memorie dall’invisibile
con opere e documenti di (lista in aggiornamento):
Hilma af Klint, Kenneth Anger, Giulia Andreani, Wilhelmine Assmann, Annie Besant, Kerstin Brätsch, André Breton, Marguerite Burnat-Provins, Marian Spore Bush, Milly Canavero, Guglielmo Castelli, Judy Chicago, Fleury-Joseph Crépin, Maya Deren, Fernand Desmoulin, Germaine Dulac, Minnie Evans, Madame Favre, Olga Frobe Kapteyn, Chiara Fumai, Linda Gazzera, Madge Gill, Anna Haskel, Hector Hyppolite, Gertrude Honzatko-Mediz, Georgiana Houghton, Anna Howitt, Victor Hugo, Corita Kent, Pierre Klossowski, Emma Kunz, Augustin Lesage, Goska Macuga, Diego Marcon, James Tilly Matthews, Henry Michaux, Lee Miller, Jacob Mohr, Sister Gertrude Morgan, Louise Nevelson, Eusapia Palladino, Stanisłava Popielska, Carol Rama, Man Ray, Victorien Sardou, Marianna Simnett, Hélène Smith, Lily Stockman, Rosemarie Trockel, Comte de Tromelin, Andra Ursuța, Johanna Natalie Wintsch, Adolf Wölfli, Anna Zemánkovà, Unica Zürn.

#FataMorgana 
#FondazioneNicolaTrussardi
#PalazzoMorando

11/07/25

Euforia Tomaso Binga




A Napoli la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee – museo Madre presenta dal 18 aprile al 21 luglio la mostra Euforia Tomaso Binga, a cura di Eva Fabbris con Daria Kahn, exhibition design Rio Grande: è la sua più ampia retrospettiva museale e presenta i quaranta anni della sua pratica artistica attraverso più di centoventi opere tra poesie visive, installazioni, fotografie, collage, documenti, testimonianze di performance – molte delle quali mostrate per la prima volta o a decenni di distanza dalla loro prima esposizione – provenienti da musei e collezioni private.



Il titolo dell’esposizione è emerso durante le conversazioni tra l’artista e Eva Fabbris: Euforia – parola particolarmente amata da Binga perché contiene tutte le vocali, foneticamente universale ed estroversa – diventa “un titolo-manifesto – spiega la curatrice – un augurio, una necessità politica di resistenza” e contraddistingue tanto il suo approccio alla pratica verbo-visuale quanto al femminismo.



“Il lavoro di Binga sfida le convenzioni sociali e culturali – afferma Angela Tecce, presidente della Fondazione Donnaregina – esplorando temi legati al genere e alla critica del linguaggio. (…) Esempi emblematici del suo contributo sono gli alfabeti in cui il corpo dell’artista assume le forme delle lettere, una sintesi tra linguaggio verbale e visivo.”


10/07/25

OGR Torino pensa già all'autunno!


In piena estate qualcuno già pensa all'autunno, per organizzare un grande evento, si tratta delle OGR, che dal 31 ottobre 2025 al 10 maggio 2026,  porteranno, nei suoi ampi spazi, a Torino  WE FELT A STAR DYING dell’artista francese Laure Prouvost e la collettiva ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, due mostre che intrecciano ricerca artistica e innovazione tecnologica, rafforzando la missione delle OGR di centro di produzione e sperimentazione interdisciplinare.

WE FELT A STAR DYING di Laure Prouvost, commissionata da LAS Art Foundation e co-commissionata da OGR Torino, ed ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, organizzata da Tate Modern e OGR Torino, esplorano da prospettive differenti ma complementari il rapporto tra creatività e tecnologia. Insieme, i due progetti espositivi tracciano un arco temporale che va dalle sperimentazioni pionieristiche del secondo Novecento alle ricerche contemporanee sul calcolo quantistico e sull'intelligenza artificiale, evidenziando il valore internazionale della programmazione e delle prestigiose collaborazioni culturali e scientifiche delle OGR.

La mostra Laure Prouvost. WE FELT A STAR DYING, curata per LAS da Carly Whitefield e alle OGR da Samuele Piazza, presentata per la prima volta a febbraio 2025 negli spazi di Kraftwerk a Berlino, arriva nel Binario 1 delle ex officine in una nuova configurazione che dialoga con l’architettura e la sua storia. L’installazione, frutto della collaborazione tra l’artista, il filosofo Tobias Rees e lo scienziato Hartmut Neven, fondatore di Google Quantum AI, esplora il quantum computing attraverso un’esperienza multisensoriale tra immagini, suoni e profumi.

ELECTRIC DREAMS. Art & Technology Before the Internet, a cura di Val Ravaglia e Samuele Piazza, approda nel Binario 2. La mostra ripercorre oltre quarant’anni di sperimentazione artistica al crocevia tra arte visiva e tecnologia, prima della diffusione su larga scala di Internet, attraverso il lavoro di artisti che hanno esplorato la modernità tecnologica, appropriandosi di strumenti nati in ambiti militari o aziendali per ridefinire immaginari collettivi e stimolare il senso critico.

Con queste due mostre, la stagione autunnale delle OGR Torino apre a nuove indagini sulle connessioni tra arte contemporanea e tecnologia d’avanguardia, in un’ottica internazionale e multidisciplinare, che mette in dialogo artisti, scienziati e istituzioni per esplorare le trasformazioni culturali che definiscono il presente e modellano il futuro.


09/07/25

Monica Bonvicini studio berlinese



 Sul sito Youtube c'è un bel video, creato in collaborazione con il Deichtorhallen di Amburgo in occasione della mostra collettiva "HOW'S MY PAINTING?", su Monica Bonvicini che ci apre le porte del suo studio berlinese. L'artista condivide approfondimenti sulla sua pratica artistica di lunga data e discute l'evoluzione delle sue tematiche, il ruolo della materialità e del linguaggio nel suo lavoro, nonché il posto che la pittura occupa all'interno della sua opera multidisciplinare.



"HOW'S MY PAINTING?" al Deichtorhallen di Amburgo offre una presentazione completa della pittura in tutte le sue forme, dalle tradizionali opere su tavola agli approcci installativi, decostruttivi e concettuali. Presenta 200 opere di oltre 70 artisti della Collezione Falckenberg, tra cui Monica Bonvicini, John Baldessari, Philip Guston, Charlotte Posenenske, Kay Rosen e Ouattarra Watts. La mostra è visitabile fino al 7 settembre 2025.

Video di MONA Productions. Prodotto da Monica Salazar. Riprese e montaggio di Peter Cairns.

08/07/25

Prossimamente... Il Panorama di Italics a Pozzuoli

Pozzuoli Serapeum foto di Luciano Romano

 Pozzuoli, con la sua straordinaria stratificazione storica e potenza mitologica diventa teatro della quinta edizione di Panorama, la mostra diffusa ideata da ITALICS – rete di gallerie italiane e straniere basate in Italia, di arte antica, moderna e contemporanea – che dal 2021, con cadenza annuale, racconta l’Italia attraverso un intreccio virtuoso tra arte, architettura, patrimonio, paesaggio e comunità locali.
 
Dopo Procida (2021), Monopoli (2022), L’Aquila (2023) e il Monferrato (2024), Panorama torna alle origini: nel settembre 2025 ITALICS approda a Pozzuoli, nel cuore pulsante della Campania antica.
 
Dal 10 al 14 settembre 2025, l’atteso appuntamento con Panorama si svolge tra gli scenari vulcanici e mitologici di Pozzuoli, città-soglia tra terra e mare, storia e immaginario. A curare questa quinta edizione è Chiara Parisi, direttrice del Centre Pompidou-Metz, che guida il pubblico in un viaggio immersivo tra divinità e creazione, in un dialogo tra memoria e urgenze del presente.
 
Un territorio unico in Italia, quello dei Campi Flegrei, una vasta area vulcanica modellata da eruzioni millenarie che presenta un paesaggio mutevole, plasmato dalla potenza geologica della cosiddetta Caldera del Tufo Giallo Napoletano. Abitata fin dall’antichità, la zona accolse dapprima i Greci Eubei, poi, attratti dal paesaggio e dalle acque termali, fu il tempo dei Romani che qui lasciarono porti, terme e luoghi pubblici ancora oggi visibili. Ma è il legame con il mito a rendere i Campi Flegrei particolarmente affascinanti. In questa terra gli dèi dell’Olimpo sconfissero i Giganti, imprigionandoli sotto la crosta infuocata. Il lago d’Averno era l’ingresso al regno degli Inferi; la Solfatara, la fucina del dio Efesto; e Dedalo, in fuga da Creta, vi avrebbe costruito il tempio di Apollo, dimora della Sibilla Cumana, che ispirata dal dio, pronunciava le sue profezie.
 
In questo contesto straordinario, affacciata sul Mar Tirreno e con lo sguardo rivolto alle isole di Ischia, Procida e Vivara, si svela Pozzuoli: una gemma nascosta nel Golfo di Napoli. A dominarla è il Rione Terra, promontorio e fulcro identitario della città, sotto il quale si cela uno dei percorsi archeologici più suggestivi del Mediterraneo. Un quartiere che, disabitato dagli anni Settanta, è oggi reso nuovamente accessibile e visitabile grazie a un ambizioso intervento di restauro.
Pozzuoli affascina con la potenza del suo Anfiteatro Flavio, tra i più grandi dell’antichità, e con i resti enigmatici del Tempio di Serapide. A rendere unico il suo territorio contribuiscono anche i fenomeni naturali della Solfatara, con fumarole e pozze di fango ribollente, il leggendario Lago d’Averno, specchio di leggende e soglia dell’oltremondo, e la storica Darsena, vivace porto cittadino.
Intorno a Pozzuoli, l’eco del mito risuona ancora tra le rovine di Cuma, la prima colonia greca d’Occidente, e le meraviglie sommerse di Baia, l’antica città dei piaceri imperiali.
Un territorio che da millenni intreccia natura, storia e leggenda, incandescente come la terra che lo plasma.
 
La mostra si sviluppa lungo un cammino che attraversa la città, incontrando chiese, gallerie sotterranee, terrazze panoramiche, vestigia e paesaggi vulcanici: un itinerario tra luoghi simbolo di stratificazioni storiche e divine, pensato come una promenade. Un luogo che sembra essere disegnato per accogliere l’unicità che ITALICS sa esprimere attraverso la passione dei propri galleristi.
 
Il fil rouge di Panorama Pozzuoli è il tema della divinizzazione, un concetto che attraversa epoche e sensibilità e che a Pozzuoli trova una risonanza profondamente naturale. Qui, dove il mito si intreccia con la storia e la natura si manifesta in forme spettacolari e potenti, l’idea del divino abita ogni pietra, ogni veduta, ogni rovina antica. Dai culti del passato ai racconti di eroi e semidei che popolano le tradizioni locali, fino alle interpretazioni più contemporanee della trascendenza, Pozzuoli si offre come scenario ideale per esplorare come l’arte possa intrecciare – e interrogare – la memoria, l’archetipo, l’assoluto. Un luogo dove la dimensione spirituale si fa esperienza visiva, urbana e collettiva.
 
“A Pozzuoli si può parlare con gli dei. Divinizzazione non è solo un tema, – spiega la curatrice Chiara Parisi – è una domanda che percorre tutta la storia di questo territorio: cosa succede quando l’umano si misura con il sacro, con il potere, con la morte? A partire dalla figura dell’imperatore divinizzato fino alle apparizioni popolari, il tema attraversa tanto la storia antica quanto l’immaginario contemporaneo. E oggi, nell’era del culto dell’immagine, chi divinizziamo? E perché?”
 
Interventi spettacolari, commissionati e pensati appositamente per questa edizione o addirittura realizzati in situ, nati dall’ispirazione e dall’energia unica del territorio: Panorama Pozzuoli propone nuove produzioni messe in dialogo con capolavori di arte antica per dare forza e profondità a un percorso segnato da presenze quasi divine, con cui confrontarsi.
 
L’edizione di Pozzuoli si arricchisce di novità che ampliano lo spettro dell’esperienza artistica, trasformando Panorama in un ecosistema di incontri. Tra i momenti più attesi: un gigantesco flea market d’artista, una mostra dedicata a San Gennaro e il coinvolgimento di scuole, associazioni e realtà del territorio attente all’inclusione e al reinserimento sociale per speciali attività di mediazione e avvicinamento del pubblico.
Non mancano momenti di approfondimento e confronto, come un dibattito sui vulcani, metafora naturale e culturale del territorio flegreo: progetti diffusi per un Panorama con una natura porosa, inclusiva e visionaria.
Un’edizione, questa del 2025, che promette di regalare momenti inaspettati, poetici, a tratti spiazzanti, capace di sorprendere e travolgere.
 
Animata dalla volontà di instaurare collaborazioni con i musei napoletani, come il museo Madre, e le realtà del territorio, come il suggestivo Parco Archeologico dei Campi Flegrei, e con il coinvolgimento delle gallerie della rete ITALICS, Panorama Pozzuoli dà vita a un racconto corale che attraversa le epoche, restituendo al pubblico un’esperienza immersiva e partecipativa, capace di trasformare la città.
 
Panorama Pozzuoli non è, quindi, solo una mostra, ma un vero e proprio palinsesto collaborativo che mette al centro la città, il suo territorio e le sue comunità: una piattaforma stratificata di relazioni attivate dall’arte, in cui opere, luoghi e persone si incontrano per generare significati nuovi. Lontano da un approccio espositivo convenzionale, Panorama Pozzuoli si configura come un ecosistema aperto, in trasformazione, che connette esperienze estetiche, pratiche partecipative e conoscenza condivisa. In questo intreccio virtuoso, la città non è soltanto scenario, ma soggetto attivo, co-autrice di un racconto che attraversa linguaggi, generazioni e appartenenze.
 
Con il patrocinio dell’UNESCO, del Ministero della cultura e della città di Pozzuoli, e con la collaborazione e il sostegno della Regione Campania e di Scabec a valere sui Fondi Coesione Italia 21/27, Panorama Pozzuoli si conferma un’esperienza espositiva unica, espressione dei valori di ITALICS, in grado di unire stili, tecniche e pensieri molteplici attraverso itinerari d’arte che continuano uno straordinario viaggio iniziato nel 2020 tra le pagine web della piattaforma Italics.art.
 
Panorama è un format voluto e condiviso dalle gallerie consorziate in un’ottica di collaborazione con i territori coinvolti, simbolo di un impegno che intende espandersi progressivamente in un programma e in alleanze tese a ribadire la centralità e il ruolo delle gallerie d’arte in Italia in un sistema culturale, locale e globale in continua evoluzione. Una forte vocazione territoriale che guarda al mondo in constante trasformazione.
Anche quest’anno Poste Italiane, in qualità di Sponsor sedi, supporta la manifestazione rendendo accessibili al pubblico i luoghi che ospitano il percorso espositivo.
 
 
Partecipano a Panorama Pozzuoli: A arte Invernizzi, Apalazzogallery, Alfonso Artiaco, Botticelli Antichità, Galleria Canesso, Car Gallery, Cardi Gallery, Carlo Orsi, Galleria Continua, Thomas Dane Gallery, Galleria Umberto Di Marino, Alessandra Di Castro, Galleria Tiziana Di Caro, Galleria Doris Ghetta, Galleria d’Arte Frediano Farsetti, Galleria Fonti, Galleria Fumagalli, Gagosian, Galleria dello Scudo, Giacometti Old Master Paintings, Gian Marco Casini Gallery, Kaufmann Repetto, Galleria Lia Rumma, Lunetta11, Magazzino, Massimo De Carlo, Mazzoleni London-Torino, Francesca Minini, Galleria Massimo Minini, ML Fine Art, Galleria Franco Noero, Galleria Alberta Pane, Giorgio Persano, Porcini, Richard Saltoun Gallery, Robilant+Voena, Secci, SpazioA, Studio Sales di Norberto Ruggeri, Studio Trisorio, Tim Van Laere Gallery, Caterina Tognon Arte Contemporanea, Tornabuoni Arte, Tucci Russo Studio per l’Arte Contemporanea, Victoria Miro Venice, Vistamare, Zero…

07/07/25

Tatuaggi !



 L'estate è il mese in cui possiamo liberare il nostro corpo dai vestiti e su molti, in questi ultimi decenni, presentano particolari disegni, i tatuaggi. 

Su questo affascinante tema i Musei di Marsiglia presentano al Centre de la Vieille Charité "Tattoo. Storie del Mediterraneo", un'esplorazione sulle pratiche del tatuaggio attraverso i secoli, dall'antichità alla cultura contemporanea. Dalle prime tracce trovate in Egitto, Siria e Cicladi, fino alla Grecia, il tatuaggio nel Mediterraneo ha attraversato i secoli, influenzato da usi medici, religiosi, politici ed estetici, fino a diventare una vera e propria espressione artistica in epoca moderna, alimentata dalla cultura pop. 

La mostra ripercorre questa evoluzione, dai tatuaggi antichi alle influenze contemporanee, in particolare nella città di Marsiglia, dove il tatuaggio è diventato anche espressione dell'identità marsigliese. Dall'Italia all'Algeria, dai Balcani all'Iran e dalla Spagna a Cipro, questo progetto si basa sulle metodologie della storia dell'arte globale, abbracciando le complesse geografie del Mediterraneo, gli studi di genere e la ricerca postcoloniale. Offre una rinnovata riflessione su questo spazio, segnato dalla permeabilità dei suoi confini e dai molteplici  scambi religiosi, commerciali, artistici e culturali che lo hanno plasmato nel tempo.

Dipinti, sculture, fotografie, video, moda e oggetti di uso quotidiano scandiscono il percorso del visitatore, fondendo contributi provenienti da storia, storia dell'arte, archeologia, etnologia e antropologia. L'attenzione si estende anche alle interpretazioni contemporanee del tatuaggio a Marsiglia e al suo posto nell'immaginario della cultura pop.




Approfondendo la ricerca avviata nel 2023 nell'ambito della mostra "Baya. Un'eroina algerina dell'arte moderna", questa mostra dedica particolare attenzione anche agli artisti dell'area mediterranea che hanno tratto spunto dai motivi del tatuaggio come repertorio formale che ha alimentato i movimenti d'avanguardia e le correnti femministe e decoloniali in Algeria, Marocco, Tunisia, Egitto e Iran. Saranno presentate al pubblico opere inedite di personaggi di spicco come Choukri Mesli, Samta Benyahia, Farid Belkahia, Lalla Essaydi ed El Meya, insieme a due disegni dell'artista Ahmed Cherkaoui, realizzati nel 1967 e acquisiti dalla Città di Marsiglia nel 2024. Infine, la mostra presenterà un'opera inedita dell'artista algerino Denis Martinez, creata appositamente per questa mostra, che affiggerà le pareti del Centre de la Vieille Charité. Uno dei fondatori del gruppo d'avanguardia Aouchem (letteralmente "Tatuaggi") a metà degli anni '60, Martinez vive ora tra Blida e Marsiglia.




In collaborazione con 24 ORE Cultura e con il sostegno eccezionale del musée du quai Branly - Jacques Chirac, la mostra "Tattoo. Storie del Mediterraneo" beneficia di notevoli benefici prestiti da istituzioni nazionali e internazionali, come il Museo del Louvre, il Museo d’Orsay, il musée du quai Branly - Jacques Chirac, il Centro nazionale per le arti visive e il Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, i Musei Civici di Pavia, il Museo Archeologico  nazionale e Castello di Manfredonia, il Rijksmuseum van Oudheden di Leida, la Gliptoteca di Monaco, il Museo Allard Pierson di Amsterdam, in dialogo con le collezioni patrimoniali dei Musei di Marsiglia.

06/07/25

The Birth of a New Identity

 


The First Homosexuals: The Birth of a New Identity, 1869-1939, è una grande mostra internazionale, con tanti prestito, realizzata dopo sei anni di lavoro, presentata da Alphawood Exhibitions a Wrightwood 659 a Chicago, fino a sabato 26 luglio 2025. La mostra presenta più di 300 dipinti, disegni, sculture, stampe, fotografie e film, molti presentati per la prima volta nel contesto dell'indagine globale queer e coloniale. Questi spaziano da capolavori ben noti a opere inaspettate di artisti poco conosciuti o anonimi. Tracciata da oltre 100 musei e collezioni private in tutto il mondo, la mostra prende come punto di partenza l’anno 1869, quando il termine “omosessuale” viene coniato per la prima volta e procede attraverso i successivi sette decenni, amplificati da una selezione di arte precedente, come contesto. Un team internazionale di 22 studiosi guidati dallo storico dell'arte e curatore Jonathan D. Katz e il curatore associato Johnny Willis organizzano il progetto The First Homosexuals. Katz è professore di pratica nella storia dell'arte e del genere, della sessualità e degli studi sulle donne presso l'Università della Pennsylvania e una figura fondatrice negli studi queer in storia dell'arte. Willis è un membro della curatoriale di Wrightwood 659.

Lo dice Chirag G. Badlani, direttore esecutivo della Fondazione Alphawood, ha dichiarato: “Alphawood è impegnata in questo progetto fin dalla sua concezione. Siamo orgogliosi di averlo sostenuto per oltre sei anni di ricerca globale e siamo ancora più orgogliosi di sostenerla ora in mezzo a un’ondata globale di azioni anti-LGBTQ. Poco più di due anni fa, nel bel mezzo della pandemia globale, Wrightwood 659 ha offerto un assaggio dell’approccio e della portata di The First Homosexuals in una piccola presentazione omonima.

Secondo il professor Katz, “Prima della congiunzione della parola ‘omosessuale’, il desiderio omosessuale ha segnato qualcosa che hai fatto, non necessariamente chi eri. I primi omosessuali esaminano come, dopo questo momento spartiacque, per la prima volta gli omosessuali siano stati inseriti dal resto della popolazione e dati un’identità che si rivolse alla loro sessualità. L’arte può raccontare questa storia in modo unico. Mentre le narrazioni scritte devono necessariamente usare parole specializzate per descrivere le idee, l’immaginario visivo è più elastico, consentendo strati di significato coincidenti.

Tra gli artisti in primo piano
Centoventicinque artisti sono rappresentati in The First Homosexuals tra cui artisti famosi come Berenice Abbott, Thomas Anshutz, Léon Bakst, George Bellows, Giovanni Boldini, Rosa Bonheur, Claude Cahun, Jean Cocteau, Honoré Daumier, F. Holland Day, Beauford Delaney, Charles Demuth, Duncan Grant, Marsden Hartley, Florence Henri, Harriet Hosmer, Katsushika Hokusai, Frederic Leighton, Lumière Brothers, Gustave Moreau, Glyn Philpot, John Singer Sargent, Egon Schiele, Pavel Tchelitchew e Henri de Toulouse-Laurec.

Sono anche rappresentati gli artisti il cui lavoro è meno conosciuto negli Stati Uniti e che meritano un preavviso più accademico e pubblico. Questi includono Jacques-Emile Blanche (Francia), Benjamàn de la Calle (Colombia), Florence Carlyle (Canada), Marìa Izquierdo (Messico), Van Leo (Armenia/Egitto), Manuel Rodriguez Lozano (Messico), Ladislav Mednyninszky (Slovacchia/Hungary), Roberto Montenegro (Messico) di Gabriele, Gabriel

I prestatori di musei
Tra i musei internazionali che hanno contribuito alla mostra ci sono: Baltimore Museum of Art, MD; Fine Arts Museums of San Francisco, CA; Fukuoka Asian Art Museum, Giappone; Kunsthaus di Zurigo, Svizzera; Musée d'Orsay, Parigi; Museo di Arte di Lima, Perù; Museo Nacional de Bellas Artes, Santiago, Cile; Museum of Fine Arts, Boston, MA; National Gallery of London, Victoria, Australia, Museo Nazionale di Milano, San Marino

La mostra: otto sezioni
Il primo omosessuale occupa tutti e tre i piani dell'edificio progettato da Tadao Ando di Wrightwood. Una sezione di stabilimento, Before the Binary, inizia all'ultimo piano per illustrare come il desiderio omosessuale e il desiderio di sesso diverso non fossero sempre visti come opposti distinti prima della fine del XIX thsecolo. La serie di opere qui spazia da un dipinto ad olio (1835-1837) di ballerini della tribù Sac e Fox di George Catlin a uno squisito rilievo di marmo (1823-24) raffigurante la storia omoerotica di Anacreon e Cupido dello scultore danese-icelandico Bertel Thorvaldsen. La pittura di Catlin racconta una vera festa che rende omaggio a un leader spirituale a due spiriti (allora pejorativamente chiamato “berdache”), una persona nata maschio che ha vissuto e svolto doveri come donna. È tra un buon numero di oggetti nello spettacolo che registrano le sessualità indigene. Notevoli tra queste ci sono una raccolta di stampe giapponesi erotiche, tra cui due dei maestri Utamaro e Hokusai, che non fanno assolutamente alcuna distinzione di valore tra atti omosessuali ed eterosessuali.

Sul pavimento sottostante c’è Portraits, una grande sezione dedicata ad artisti e scrittori che hanno apertamente esplorato e, in alcuni casi, hanno presentato un’identità omosessuale. Queste opere includono il magnifico ritratto di Gertrude Stein da parte di Félix Vallotton del 1907; l'unico ritratto a grandezza naturale di Oscar Wilde dipinto nella sua vita; l'autoritratto di Florine Stettheimer con un fauno; e il struggente schizzo a olio di Thomas Eakin del suo amico e amante, Walt Whitman, che sembra catturare a malapena il poeta mentre si appanna in vecchiaia. Anche in questa sezione c’è l’autoritratto di Manuel Rodroguez Lozano raffigurante in lutto dopo la morte del suo amante Abraham Angel; così come autoritratti del fotografo armeno-egiziano Van Leo che sovverte le norme di genere tradizionali. Da segnalare uno schizzo pastello raramente visto della grande artista Rosa Bonheur della sua amante Anna Klumpke, un lavoro in prestito dal Bowdoin College Museum of Art.

Sullo stesso piano ci sono dipinti, sculture, stampe, fotografie e libri che trasmettono l'ampiezza e la varietà delle relazioni forgiate durante la fine del XIX thsecolo e la prima parte del XX thsecolo. La sezione, intitolata Relazioni, include fotografie audacemente trasgressive dell'artista Alice Austen di Staten Island; un paio di giochiosi dipinti di giovani donne che ballano la pittrice francese Marie Laurencin; e un dipinto del pittore norvegese-americano Andreas Andersen che cattura un momento intimo tra suo fratello Hendrik e un altro uomo.

Al secondo piano, una sezione successiva illustra come i cambiamenti nel linguaggio intorno all'amore omosessuale hanno avuto conseguenze sorprendenti. In Changing Bodies, Changing Definitions, la mostra esamina l’evoluzione del genere del nudo in relazione alle mutevoli concezioni della sessualità. Mentre gli artisti spesso raffiguravano adolescenti in genere nel XIX thsecolo, il XX thsecolo ha visto l'ascesa di rappresentazioni adulte nude, tra cui ritratti fantasticamente macho di uomini e donne muscolosi. Ad esempio, l’elegante ed eterea studio nudo di Romaine Brooks del suo amante Ida Rubenstein rappresenta la ballerina come effica e androgina, mentre un dipinto successivo dell’artista polacca Tamara de Lempicka sottolinea la maturità e la muscolatura di una modella femminile.

Le opere d'arte che si rifanno a un passato classico idealizzato si incontrano in una sezione intitolata Storia. Un punto culminante qui è un olio su larga scala di Hans von Marèes, i cui dipinti insolitamente fragili viaggiano raramente al di fuori della Germania. I suoi Cinque Uomini in un Paesaggio (c. 1900) non suggeriscono alcun periodo storico specifico, ma, piuttosto, un passato arcano ideale. L'artista australiano Rupert Bunny attinge a un mito particolare per Hercules nel Giardino delle Esperidi (1922) che ruota attorno a un robusto Hercules che si rialza per uccidere un drago.

Nelle vicinanze, nel colonialismo e nella resistenza, le immagini di diversi media illustrano come gli artisti europei vedessero il desiderio omosessuale come una qualità quasi insita nei territori coloniali. Questa sezione esplora l’omoerotismo del genere orientalista, in cui gli europei immaginano l’Oriente come pieno di forme di sessualità pignonate in Occidente. Diverse opere qui aiutano a illustrare la tattica politica europea per caratterizzare l'Impero ottomano come invasa da omosessuali decadenti, e quindi debole e facile da conquistare. A loro volta, gli artisti di tutto il mondo hanno resistito a questa dominazione coloniale. Il dipinto Nuestros dioses antiguos (I nostri antichi Dei) (1916) dimostra come un artista, Saturnino Herràn del Messico, lo ha fatto idealizzando le relazioni sessuali indigene precoloniali. Su questo piano, lo spettatore incontrerà anche una serie di oggetti di artisti e intrattenitori di Harlem Renaissance. Questi includono una fotografia di Carl van Vechten di Bessie Smith che si è fatta da una testa intagliata di un ghigno nero sorridente, che racchiude il razzismo latente nell’atteggiamento dell’America bianca nei confronti degli afroamericani come “altro”. Uno dei capolavori del periodo, la scultura firmata di Richmond Barthé del cabaret senegalese Feral Benga, fonde insieme la scultura classica europea e i nuovi tentativi di creare un'arte e un ethos americani distintamente afroamericani.

Poi per esibirsi, evidenziando il modo in cui il mondo dello spettacolo ha mostrato l’esistenza e la gioia dell’amore per lo stesso sesso, con il ritratto du danseur di Léon Bakst, Léonide Massine (1921), e un busto in bronzo di Lady Una Troubridge, partner dell’icona lesbica Radclyffe Hall, che ritrae la sensazionale balle russa Vaslav Nijinsky  in L’après midi d’un faune ( - Nel 1913 nel 1913.

Oltre il Binario, la sezione espositiva finale, rappresenta una delle più ampie indagini sulla reciprocità dell’identità omosessuale e trans nelle loro prime formazioni. Qui sono presenti circa 60 opere, tra cui le prime immagini inconsciamente trans nella storia dell’arte: le rappresentazioni dell’artista danese Gerda Wegener della sua compagna, Lili Elbe, a cui è stato assegnato il maschio alla nascita. Wegener mostra Lili come desiderava essere ritratta: lussuosa, femminile e seducente. Questa sezione porta anche a preda allevare le immagini di The Elisarion, una villa piena d'arte e un terreno stabilito sul Lago Maggiore in Svizzera all'inizio del secolo scorso, il cui fondatore Elisàr von Kupffer contribuì a promulgare Clarism, una nuova religione che proponeva la divisione delle persone per genere era una perversione della volontà divina. Otto dipinti di The Elisarion, mai esposti prima negli Stati Uniti, sono stati conservati appositamente per questa mostra. Si descrive anche la prima scena di matrimonio omosessuale nella storia dell'arte.



La pubblicazione
The First Homosexuals: The Birth of a New Identity, 1869-1939 è accompagnato da un catalogo completamente illustrato edito da Monacelli Press, un'impronta di Phaidon. Sono presenti 22 saggi originali e illuminanti di importanti esperti di storia dell'arte e della queer, ognuno dei quali si concentra su una regione geografica - dal Giappone all'Australia alle popolazioni indigene del Sud America. Oltre a Katz e Willis, tra i collaboratori figurano Juan Vincente Aliaga, Eduardo Carerra, Brian Curtain, Niharika Dinkar, André Dombrowski, Thadeus Dowad, Patrick Carland Echavarria, Esther Gabara, Pavel Golubev, Catherine Gonnard, Michael Hatt, Wenquing Kang, Tomasz Kitlinski, Tirza True Latimer. Merjian, Douglas Pretsell, Joseph Shaikewitz e Patrik Steorn. Con 400 pagine, 500 illustrazioni, $ 74,95. Il catalogo pubblica ufficialmente il 23 luglio, ma una quantità limitata di copie anticipate sarà disponibile per l'acquisto online su https://wrightwood659.org/publications e al museo a partire dal 2 maggio, mentre durano le forniture. 

05/07/25

Prossimamente Manifesta

 foto © Manifesta 16 Ruhr / Dirk Rose

La 16a edizione di Manifesta aprirà nella regione tedesca della Ruhr tra meno di un anno! Prevista per l'inizio dell'estate 2026, la biennale si concentrerà sulla trasformazione e la rivitalizzazione degli edifici ecclesiastici abbandonati del dopoguerra, di grande impatto architettonico, della regione.

Dalla prima conferenza stampa di Manifesta 16 Ruhr, nell'aprile 2025, si sono verificati molti sviluppi. Il processo pre-biennale è in pieno svolgimento! Negli ultimi mesi, il nostro team locale ha collaborato con diverse comunità della regione della Ruhr, ricercando, ascoltando e mappando come interagire con gli ex luoghi di culto della regione e il loro contesto urbano.
Mentre continuiamo a imparare dalla e con la regione, il nostro entusiasmo cresce. Ci stiamo dirigendo verso un'estate ricca di ispirazione e collaborazione, gettando le basi per la biennale. Mentre aspettiamo con ansia Manifesta 16 Ruhr, celebriamo anche la conclusione di Manifesta 15 Barcelona Metropolitana con la pubblicazione delle nostre pubblicazioni finali e dell'After Movie ufficiale, che offre uno sguardo duraturo all'energia e all'impatto della 15a edizione.


Consultazioni dei Cittadini

Negli ultimi mesi, il team di Educazione e Mediazione di Manifesta 16 Ruhr ha organizzato una serie di Consultazioni dei Cittadini: workshop in cui i residenti sono invitati a condividere le proprie esperienze e la propria visione per i quartieri. Poiché Manifesta è invitata da una Regione ospitante, la partecipazione locale è una parte essenziale dello sviluppo del programma biennale. Il 4 e 5 luglio 2025 organizzeremo le nostre ultime Consultazioni dei Cittadini a Essen e Gelsenkirchen. Vuoi partecipare? Iscriviti tramite il nostro sito web qui. Come ringraziamento per il tuo supporto, tutti i partecipanti riceveranno un abbonamento stagionale per Manifesta 16 Ruhr.


Visione Urbana

L'urbanista catalano e Mediatore Creativo di Manifesta 16, il Professor Josep Bohigas, ha guidato la ricerca pre-biennale attraverso lo sviluppo della Visione Urbana di Manifesta 16. Il progetto, intitolato "This Is Not a Church", cerca opportunità per rafforzare la coesione sociale attraverso interventi creativi che abbracciano il concetto di prossimità nei quartieri. Mentre la regione della Ruhr si prepara a ospitare la biennale del 2026, questa visione crea un precedente coraggioso per reinventare il ruolo degli edifici ecclesiastici come luoghi di scambio comunitario e artistico, rafforzando la coesione sociale nei quartieri.


Nuove pubblicazioni aggiunte alla Biblioteca di Manifesta

Il 4 giugno 2025, Manifesta 15 Barcelona Metropolitana ha accolto per l'ultima volta il pubblico e la stampa presso Gustavo Gili – l'ex casa editrice che ha ospitato Manifesta 15 negli ultimi anni – per la sua conferenza stampa finale e il suo evento principale. La pubblicazione "Black Archives: Fragments of an Anticolonial Metropolis", commissionata da Manifesta 15 e scritta dalla curatrice e produttrice radiofonica Tania Safura Adam, è stata presentata insieme al Rapporto Finale, l'ultima aggiunta alla Manifesta Library, disponibile per il download gratuito. L'evento ha anche ospitato una tavola rotonda con figure di spicco come Agnès Agboton, Edmundo Sepa, Remei Sipi, Saoka Kingolo e Kathleen Ferrier, che ha evidenziato l'urgente necessità di attivare e preservare gli Archivi Neri in Catalogna, in Spagna e oltre.


Uno sguardo a Manifesta 15 Barcelona Metropolitana

Nel corso di 12 settimane, la quindicesima edizione di Manifesta – che ha abbracciato la regione più grande in cui Manifesta ha operato – ha portato arte, dialogo e trasformazione in 16 sedi in 12 città, presentando il lavoro di 91 partecipanti. In collaborazione con le comunità locali e i partner internazionali, Manifesta 15 Barcelona Metropolitana ha lasciato un'impronta indelebile in tutta la regione. Sebbene la biennale si sia conclusa a novembre 2024, la sua eredità continua a vivere. Rivivi la biennale ora guardando il nostro After Movie ufficiale!

04/07/25

Un nuova Sainsbury per la National Gallery di Londra





Poche settimane fa, alla presenza dei reali inglesi, la National Gallery ha riaperto l'ala Sainsbury, dopo il progetto di trasformazione durato due anni.

Nell'ambito delle celebrazioni per il 200° anniversario della Galleria, l'Ala Sainsbury è stata oggetto di delicati interventi di ristrutturazione alla facciata esterna, al foyer e al mezzanino, per offrire un'esperienza di visita migliore e più accogliente ai milioni di visitatori annuali della National Gallery. 




Sono presenti anche opere in prestito dalla Royal Collection per 'CC Land: The Wonder of Art' includono la monumentale serie di Mantegna (circa 1431-1506) Trionfi di Cesare (metà degli anni '80 del Quattrocento, prima del 1506) nella Sala 12, che le Loro Maestà hanno ammirato insieme agli ex studenti del progetto nazionale di oratoria per i giovani della National Gallery, Articulation.

La National Gallery è una delle gallerie d'arte più grandi del mondo. Fondata dal Parlamento nel 1824, la Galleria ospita la collezione nazionale di dipinti di tradizione europea occidentale dalla fine del XIII secolo all'inizio del XX. La collezione comprende opere di Artemisia Gentileschi, Bellini, Cézanne, Degas, Leonardo, Monet, Raffaello, Rembrandt, Renoir, Rubens, Tiziano, Turner, Van Dyck, Van Gogh e Velázquez. Gli obiettivi principali della Galleria sono la cura e la valorizzazione della collezione e la migliore accessibilità possibile ai visitatori. Ingresso gratuito. 


03/07/25

Acne gallery

 


Acne Paper, una speciale pubblicazione di cultura varia, apre ora un suo spazio a Parigi presso il Palais Royal, 124 Gal de Valois, con una mostra del fotografo Paul Kooiker 

Situata sotto gli storici portici del Palais Royal di Parigi, la galleria amplierà il dialogo in corso di Acne Studios con il mondo dell'arte, del design, della fotografia, dell'editoria e dell'artigianato.





Ispirandosi allo spirito di Acne Paper, la galleria presenterà un programma interdisciplinare di mostre ed eventi culturali. Spazio di scambio creativo, la galleria offrirà un'ampia varietà di proposte fra arte, moda, letteratura.



02/07/25

Rashid Johnson al Guggenheim di New York

 




Il Guggenheim di New York fino al 18 gennaio 2026 sarà una grande serra naturalistica, ideata dall'artista Rashid Johnson per il progetto "A Poem for Deep Thinkers" che riunisce più di novanta opere d'arte, tra cui una scultura all'aperto e nuove opere realizzate appositamente per la mostra, due delle quali saranno attivate attraverso performance in corso.

La rassegna abbraccia fasi cruciali della carriera di Johnson, includendo serie di grande rilievo come The New Negro Escapist Social and Athletic Club , Cosmic Slops , dipinti su mensole realizzati con sapone nero, opere testuali dipinte a spruzzo, le più recenti serie Anxious Men e Broken Men , e sculture di grandi dimensioni per interni ed esterni. La mostra offre una cronologia approssimativa dell'evoluzione artistica di Johnson nell'arco di quasi tre decenni, attraversando cicli di alienazione sociale, autoanalisi e libertà artistica. A partire dalle sue prime esplorazioni nella fotografia, nel video e nelle installazioni, fino alle sue recenti avventure in dipinti e assemblaggi materialmente ibridi, Johnson apporta sfumature all'esplorazione della psiche umana tra le profonde influenze storiche del nostro tempo, il tutto riflettendo sui temi della mascolinità, della genitorialità e della cura di sé e degli altri.

Spiega Johnson: "Questa mostra prosegue il dialogo in cui ho sempre investito: un dialogo che consente libertà di espressione e consapevolezza delle possibilità artistiche. Ho sempre abbracciato la fluidità tra i media. Per me, la specificità del medium non è mai stata l'obiettivo: si tratta di come il progetto possa muoversi liberamente tra forme diverse, creando spazio per un dialogo più ampio che vada oltre i limiti di un singolo medium".



Momenti salienti della mostra

Avvicinandosi al museo, i visitatori vengono accolti dalla scultura esterna di Johnson, Black Steel in the Hour of Chaos (2008), una grande scultura in acciaio con linee di taglio ispirate al design grafico e riferimenti al mirino di una pistola, che richiama le opere di Jasper Johns dedicate al bersaglio. Direttamente ispirata ai pionieri dell'hip-hop Public Enemy, l'opera invita lo spettatore a interrogarsi su chi abbia il controllo. All'interno del museo, il pavimento della rotonda presenta Untitled (2025), una nuova opera a mosaico realizzata appositamente per la mostra al Guggenheim, insieme a Rotunda Stage (2025), uno spazio interattivo per performance. Salendo la prima rampa, i visitatori vengono accolti dalla fotografia di Johnson Self-Portrait Laying on Jack Johnson's Grave (2006), un'opera giovanile che esplora le origini culturali, collegando il cognome dell'artista e le sue radici a Chicago (dove si trova la tomba) al primo pugile nero dei pesi massimi la cui vittoria su un pugile bianco nel 1910 scatenò rivolte razziali.

La High Gallery del Guggenheim ospita una piccola rassegna della carriera di Johnson, con una serie di opere giovanili e recenti, tra cui sculture, dipinti, un mosaico e un'opera testuale dipinta a spruzzo.

Ai livelli 1 e 2 della Rotunda, i visitatori hanno l'opportunità di scoprire l'ascesa di Johnson sulla scena artistica, a partire da una serie di fotografie scattate poco più che ventenni, che hanno contribuito a lanciare la sua carriera quando è diventato il più giovane artista presente nella seminale mostra Freestyle di Thelma Golden del 2001 allo Studio Museum di Harlem. I visitatori hanno anche modo di ammirare i primi lavori di Johnson tra sculture, installazioni, testi e video, che rimangono un medium costante per l'artista.

Proseguendo nella mostra, i visitatori del museo scopriranno altre opere di Johnson realizzate con tecniche miste. I livelli 3 e 4 della Rotonda proseguono l'esplorazione di opere video, tra cui Black Yoga (2010) e The New Black Yoga (2011). Questa sezione presenta anche la rivoluzionaria serie di dipinti Cosmic Slop (2008), realizzati con sapone nero e cera, a sottolineare l'investimento di Johnson nei materiali come significanti culturali.

Il livello 5 della Rotonda espone le sculture di Johnson, come la serie "Untitled Bust" composta da gres smaltato finemente lavorato. Questa rampa ospita anche mosaici e collage, oltre a dipinti successivi come " Anxious Red Painting" "August 18th" (2020).

In cima al museo, il Livello 6 della Rotonda ospita la monumentale installazione Sanguine , una grande struttura in acciaio a griglia composta da piante, libri e un pianoforte che sostiene una serie di piante a cascata che sembrano fluttuare a mezz'aria. In dialogo con la performance e il programma di coinvolgimento del pubblico, il pianoforte di Sanguine verrà attivato ogni venerdì e domenica. Verso la fine di questa rampa si trova un monitor che presenta i film più recenti di Johnson, tra cui un film del 2024 intitolato anch'esso Sanguine, incentrato sul rapporto con il lato materno e paterno della sua famiglia. A chiudere la mostra è un dipinto inedito del 2025, appeso in un'area contemplativa dove gli spettatori sono incoraggiati a interagire con l'arte in una riflessione autodiretta.



Organizzazione

La mostra è curata da Naomi Beckwith , vicedirettrice e Jennifer e David Stockman, curatrice capo del Solomon R. Guggenheim Museum and Foundation di New York, e da Andrea Karnes , direttrice ad interim e curatrice capo del Modern Art Museum di Fort Worth, Texas, con il supporto aggiuntivo di Faith Hunter , assistente curatrice del Guggenheim di New York.

Beckwith afferma: "Il Guggenheim non potrebbe essere più entusiasta di ospitare questa mostra al momento giusto. Rashid Johnson è un maestro nel sintetizzare le tendenze chiave dell'arte del XXI secolo: la capacità di muoversi liberamente tra diverse modalità – pittura, video, scultura, performance – ciascuna delle quali è uno strumento raffinato per forgiare una relazione tra la propria storia personale e la storia dell'arte. Soprattutto, Johnson comprende bene che la vocazione dell'artista implica più che guardare dentro di sé, è anche un'opportunità per creare, letteralmente, piattaforme per l'espressione creativa e la cura di sé degli altri".

Il titolo della mostra, A Poem for Deep Thinkers , prende il nome da una poesia di Amiri Baraka, poeta, scrittore, insegnante e attivista politico americano, il cui lavoro è una frequente fonte di ispirazione per Johnson.




Programmazione

A Poem for Deep Thinkers sarà accompagnato da un programma di performance e coinvolgimento del pubblico che si svolgerà ogni venerdì e lunedì per i nove mesi di apertura della mostra. Sviluppato in collaborazione con partner della comunità, esistenti e nuovi, il programma metterà in risalto la poesia orale, la musica e le arti dal vivo. Numerosi eventi animeranno le due opere che delimitano la mostra – Rotunda Stage e Sanguine – dando vita all'installazione come luogo per espressioni creative programmate. Tra i partner culturali figurano, tra gli altri, l'Academy of American Poets; l'Asian American Writers' Workshop; Traci Brimhall, la poetessa residente del Guggenheim per il 2025; Cave Canem; DreamYard; Wayne Escoffery; la Harlem School of the Arts; Urban Word NYC; e il Teachers & Writers Collaborative .

Le esibizioni dal vivo saranno programmate da venerdì a lunedì. Il pianoforte di Sanguine verrà attivato ogni venerdì alle 16:00 e domenica alle 13:00. Le esibizioni si terranno anche sul palco della Rotunda ogni sabato alle 13:00 e lunedì alle 16:00. A maggio, Teachers & Writers Collaborative programmerà il palco della Rotunda con letture di Daemond Arrindell, Trace DePass, Joshua Garcia, Alba Hernandez, Dave Johnson, Libby Mislan, Nkosi Nkululeko, Stephanie Pacheco, DS Waldman e Donnie Welch, tra gli altri. Il musicista jazz vincitore di un Grammy, Wayne Escoffery, curerà le esibizioni musicali di Sanguine per tutto il mese di maggio, con musicisti come ELEW, Lawrence Fields, Mike King e Miki Yamanaka. Escoffery si esibirà e guiderà anche il Wayne Escoffery Quartet, con Orrin Evans, Ugonna Okegwo e Mark Whitfield Jr., in un concerto sul Rotunda Stage nell'ambito del Late Shift del 15 maggio. L'organizzazione artistica e per la giustizia sociale DreamYard organizzerà performance di poeti e studenti del Bronx per tutto il mese di giugno, tra cui una serie speciale di letture dei membri del Rad(ical) Poetry Consortium il 19 giugno al Late Shift. Per tutta la durata della mostra, studenti della Harlem School of the Arts e giovani poeti e poeti slam di Urban Word NYC animeranno il calendario delle performance con performance musicali e letture.

In alcuni martedì selezionati, il museo ospiterà i GuggTeens Tuesday , un programma mensile in cui i ragazzi possono ampliare le proprie capacità artistiche e entrare in contatto con altri artisti adolescenti. Il 2 maggio, il museo ospiterà il GuggTeens Fest in collaborazione con il GuggTeens Collaborative , un'iniziativa che vede studenti locali collaborare a stretto contatto con il personale per creare un'esperienza museale migliore. Il festival offrirà uno spazio aperto per la creazione artistica, l'esplorazione delle gallerie, le performance di poeti e scrittori adolescenti e la creazione di una comunità per artisti e appassionati d'arte adolescenti. Oltre a questo, il Guggenheim New York lancerà il Teen Circle , un programma di iscrizione gratuita per ragazzi dai 13 ai 18 anni progettato per avvicinare i ragazzi di New York all'arte e promuovere una comunità creativa e culturale al Guggenheim.

Ulteriori programmi pubblici includeranno visite guidate di un'ora dedicate all'arte e all'architettura, condotte da guide esperte durante la prima settimana della mostra (19-27 aprile); una conversazione tra Rashid Johnson e la curatrice della mostra Naomi Beckwith mercoledì 23 aprile ; e orari di apertura del museo estesi mensilmente con spettacoli e rinfreschi durante la serie Late Shift, che si terrà il terzo giovedì di ogni mese da maggio a dicembre.

01/07/25

Bona de Mandiargues a Londra



A Londra la galleria Alison Jacques presenta una mostra personale dell'artista italiana Bona de Mandiargues (1926, Roma; 2000, Parigi), a cura di Simon Grant. Negli ultimi anni, de Mandiargues è stata oggetto di rinnovato interesse curatoriale e riconoscimento internazionale, in seguito alla sua prima retrospettiva istituzionale al Museo Nivola in Sardegna (2022). Nel 2024, il suo lavoro è stato incluso nella 60a Biennale di Venezia, Foreigners Everywhere , a cura di Adriano Pedrosa, e Surréalisme al Centre Pompidou di Parigi.

Questa mostra, la prima personale di de Mandiargues nel Regno Unito, presenta dipinti e assemblaggi a tecnica mista, oltre a opere a matita colorata e gouache su carta. Le composizioni fortemente cariche e surreali di de Mandiargues riflettono il suo approccio intuitivo, viscerale, istintivo e spesso autobiografico. Ha creato un potente repertorio di opere ricco di figure dall'identità sessuale ambigua, creature fantastiche e immagini cariche di simboli, mitologia, metamorfosi e sogni.

Nata Bona Tibertelli, l'artista trascorse l'infanzia in una villa di una grande tenuta in Emilia-Romagna, vicino a Modena, dove si sentì attratta da luoghi in cui poteva perdersi: soffitte, cantine, stalle, campi e frutteti. Dopo la morte del padre, si trasferì a Venezia per vivere con lo zio, il pittore italiano Filippo de Pisis (n. 1896; m. 1956), che descrisse come una grande influenza e un mentore, insegnandole a usare il suo "occhio interiore". A Venezia, de Mandiargues venne introdotta alle influenze che portò con sé per tutta la sua carriera: dai primi mosaici cristiani di Ravenna alla pittura senese, fino all'opera di Giorgio de Chirico.

Nel 1947 de Mandiargues fece il suo primo viaggio a Parigi, dove incontrò e in seguito sposò lo scrittore e poeta francese André Pieyre de Mandiargues (n. 1909; m. 1991), con il quale ebbe una relazione tumultuosa. Autoproclamandosi "Bona", entrò in contatto con figure chiave dei circoli surrealisti, tra cui André Breton, Max Ernst, Dorothea Tanning, Meret Oppenheim, Hans Bellmer, Leonor Fini e Man Ray, che la fotografò in diverse occasioni. "Grazie al gruppo surrealista", rifletteva, "ho potuto vedere più chiaramente in me stessa ciò che avevo cercato di esprimere".



Nel 1948 Bona si recò in Messico con il marito. Incoronata da Breton come "il paese più surrealista del mondo", Bona si ispirò ai colori del Messico, alla sua storia precolombiana e alla tessitura indigena locale, ed entrò in una nuova fase artistica, abbandonando la pittura in favore di tessuto e collage.

Prendendo le forbici e aprendo le vecchie giacche del marito, Bona ne strappò e smontò le fodere, che i sarti italiani e francesi chiamano l'anima e l'âme (anima). Le immagini di tessuto risultanti, assemblate e cucite insieme – che lei chiamava "ragarts" – sembravano dipinti, assemblati a macchina e anche a mano. "Ho scelto questi materiali molto umili... Ho rovesciato i gilet degli uomini per arrivare al cuore della loro armatura, della loro protezione". Bona considerava il cucito, l'assemblaggio e il taglio centrali nella sua arte, affermando che le forbici erano "importanti per il suo lavoro" quanto i pennelli. Negli assemblaggi, crea un universo di fili e trame emotivamente ricco, un processo di creazione che ha descritto come "vicino a quello di una strega che lancia il suo incantesimo".

L'atto di distruggere un insieme consolidato – in questo caso una giacca da uomo – e ricostituirlo rispecchiava il desiderio di Bona di ricostruire il mondo secondo la sua visione. Come affermava, "il primo dovere di un artista è la lealtà verso il materiale; il secondo è il processo della sua trasformazione, affinché diventi qualcosa di più senza abbandonare la sua natura". Cucendo fisicamente il materiale, Bona cercava di fare a pezzi i binari consolidati dell'Occidente, primo fra tutti il ​​concetto di maschile e femminile; il bello e il selvaggio; lo spirituale e il materiale, fondendoli in un'unica forma.



Un tema centrale di questa mostra è il significato del sé, esplorato attraverso la metafora della lumaca androgina. Bona si identificava profondamente con questo animale ermafrodita, che riteneva simboleggiasse molte delle sue preoccupazioni su opposti, contraddizioni, identità frammentata e sessualità. Come scrisse: "Costantemente lacerata dal desiderio di fuga e dal bisogno protettivo di rimanere a casa, invidiavo il privilegio della lumaca che può muoversi con la sua casa. Un animale lunare e lunatico, simboleggia il movimento nella permanenza. Forse per questo, ho iniziato a identificarmi con lui... Abbracciando le forme della spirale, abbraccio la struttura stessa dell'universo".

30/06/25

Shilpa Gupta a San Gimignano



 La Galleria Continua ospita nei suoi spazi a San Gimignano una importante raccolta di opere di Shilpa Gupta.




Sono state adattate, alle diverse aree, i lavori creando una serie di installazione e allestimenti che, quasi in forma antologica, raccontano del lungo operato artistico dell'artista indiana. 



Foto della mostra di Shilpa Gupta presso la Galleria Continua di San Gimignano Ela Bialkowska, OKNO Studi